Strade maestre: D’Elia e Maifredi tra i grandi registi del contemporaneo
Vincenzo Sardelli, «Krapp's Last Post»
L’itinerario intellettuale di Cue Press tra alcune figure carismatiche della scena europea: da Stein a Barba, da Stefan Kaegi dei Rimini Protokoll ad Arianne Mnouchkine di Théâtre du Soleil
Le vie del teatro come la via della seta. La ricerca dell’arte e la riflessione sull’arte, sulle tracce dei maestri che hanno fatto grande il teatro contemporaneo. È una piacevole scoperta Strade maestre di Corrado d’Elia e Sergio Maifredi. Fresco di stampa, il libro (Cue Press, Imola 2023, pp. 224, € 24,99) è un itinerario nella vita, nell’arte e nella filosofia di alcuni grandi registi europei viventi. D’Elia, fondatore di Teatri Possibili, incontra Maifredi, fondatore di Teatro Pubblico Ligure. Insieme battono il Vecchio Continente per confrontarsi con giganti del calibro di Peter Stein, Eugenio Barba, Stefan Kaegi, Milo Rau, Thomas Ostermeier, Antonio Latella, Krzysztof Warlikowski, Lev Dodin e Ariane Mnouchkine.
Un’ossessione guida il percorso: il concetto di Maestro (scritto con la M maiuscola), partendo dalla sensazione che i giovani teatranti non riconoscano più il prestigio e l’autorevolezza di un magister. Le domande istituiscono delle conversazioni che, intrecciate in una sorta di puzzle, definiscono lo stato di salute del teatro europeo. A leggere il libro, pare di entrare nel «nobile castello» del Limbo, dove Dante e Virgilio dissertano con Omero, Lucano, Orazio e Ovidio «parlando cose che ‘l tacere è bello». Qui, però, nessuna reticenza. I confronti sono diretti, immediati e spesso spiazzanti; vertono sull’arte e sugli intrecci con la vita; sul metodo registico e sulla relazione con lo spazio scenico; sul rapporto con pubblico e istituzioni; sul concetto di teatro ideale. Ma il canovaccio si dissolve, si deforma sulla poetica di ogni artista, modificato dalle diverse risposte.
Ciò che interessa in questo itinerario ricco di belle foto (di Ruggiero Dibenedetto) e note biografiche, è anche il primo ricordo di vita vissuta e di vita teatrale degli artisti interpellati. Essi sono interrogati sull’evoluzione della loro arte, sul rapporto con la società e con la politica, sul legame con la lingua, la scrittura e l’identità. Le biografie intersecano la grande storia: ad esempio la guerra, cui sono legati i primi ricordi di Stein, di Barba e di Mnouchkine; oppure la Cortina di Ferro, che riecheggia nei racconti di Ostermeier o Warlikowski. E che dire del russo Dodin, irraggiungibile dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, che pure ha il coraggio di denunciare senza mezzi termini su una rivista russa la barbarie aggressiva di Putin e un «ventunesimo secolo più orribile del ventesimo»?
Strade maestre tocca i grandi temi esistenziali, dalla morte alla fede, al lockdown. Gli incontri sono avvenuti proprio in epoca Covid. Ne avvertiamo quel soffio grigio, eppure ricco di opportunità.
Le parole degli artisti sono un’antologia di riflessioni mai banali. Domande e risposte sembrano compenetrarsi, e non sembra casuale la scelta dei caratteri grafici quasi indistinguibili per le une e le altre, senza l’uso di corsivi o neretti. Queste pagine ben scritte oscillano tra cronaca e letteratura. Colpisce la descrizione dei luoghi, succinta e sognante: Roma «luminosa e allegra come una giovane sposa»; Losanna, distesa con dolcezza lungo il lago Lemano; Berlino, città-stato sterminata, vecchia conoscenza archetipica del nostro immaginario, «metropoli poliedrica, permissiva e multietnica».
Strade maestre è uno scrigno di pensieri acutissimi. Non mancano le staffilate. Ecco Peter Stein che boccia l’architettura del teatro all’italiana («per me la morte del teatro»), che biasima lo streaming e il dilagare in sala delle immagini, che stigmatizza i monologhi e la performing art, che deplora i CdA politicizzati, o certi registi che usano un pene di plastica laddove il testo richiederebbe solo di sguainare una spada. Fino alla bordata di definire associazioni a delinquere i Teatri Stabili. Per converso, Latella magnifica l’identità liquida democratica e multiculturale di Berlino e i copiosi finanziamenti di cui godono i teatri tedeschi (22 milioni all’anno per un teatro medio). Intanto, mentre postula l’inscindibilità tra vita, lavoro e arte, Latella magnifica la scena off italiana e la capacità di registi come Castellucci di creare un nuovo codice espressivo. E chissà che non pensi proprio a Stein quando sentenzia che «i registi tedeschi che amano il teatro dittatoriale prima o poi vengono a lavorare in Italia».
Strade maestre è un viaggio. Non meno della storia, la strada è maestra di vita. Come Diogene con la lanterna, d’Elia e Maifredi peregrinano tra città, artisti e teatri. Mentre cercano l’arte e la riflessione sull’arte, mentre scandagliano la poetica e il metodo dei grandi maestri, di fatto si mettono in cerca dell’uomo. Per affinare lo sguardo, occorre uscire dal recinto. Perché nessuna arte, più del teatro, avviene tra le persone: è incarnata dalle persone, vive tra le persone, è realizzata per regalare sogni, dubbi, pensieri, alternative alle persone.
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