Juan Mayorga, Ellissi. Saggi 1990-2022, a cura di Enrico di Pastena
Veronica Orazi, «Artifara»
Il volume raccoglie conferenze, articoli, riflessioni e recensioni del drammaturgo Juan Mayorga, figura di assoluto rilievo nel panorama spagnolo attuale, come sottolinea in apertura del volume Enrico Di Pastena, nella sua introduzione Un drammaturgo filosofo per uno spettatore critico (pp. 10-19). Il titolo scelto dall’autore rimanda ai due elementi chiave della sua formazione e dei suoi interessi, la matematica da un lato e dall’altro la filosofia. Il libro riverbera il ruolo di Juan Mayorga attraverso testi di concezione e formato diversi, di carattere teorico e non finzionale, ascrivibili alla categoria letteraria del saggio. Redatti nell’arco temporale che comprende l’ultimo decennio del secolo scorso fino agli inizi della seconda decade del nuovo millennio, essi rivelano il legame col testo Rivoluzione conservatrice e conservazione rivoluzionaria. Politica e memoria in Walter Benjamin.
La raccolta propone diversi ambiti di lettura ed è articolata in sei sezioni distinte: Fuochi, Assi, Intersezioni, Tangenti, Duo ed Ellissi di ellissi. Nella prima, sono presenti scritti che non trovano la loro origine nel teatro; la seconda, come in parte anche la prima, espone gli aspetti portanti dell’estetica mayorghiana; la terza tocca tratti connessi con la produzione teatrale dell’autore; la quarta descrive la coincidenza, per l’autore, di filosofia e teatro; la quinta raccoglie le riflessioni scaturite dal confronto col critico letterario Ignacio Echevarria; mentre la sesta si concentra su due opere teatrali brevi mayorghiane. Tutte riflettono il prisma di osservazione privilegiato attraverso il quale l’autore indaga la realtà: filosofia, critica, binomio cultura versus barbarie, Europa, campi di concentramento, memoria e teatro. Le prime quattro sezioni raccolgono contributi scritti nell’arco di trenta anni, fatto che permette di cogliere l’evoluzione dell’autore, transitato da uno stile ermetico e una maggiore limpidezza. Alcuni dei pezzi antologizzati conservano l’impronta dell’oralità, poiché si tratta di testi concepiti per la presentazione orale, che Mayorga ha scelto di lasciare invariati, senza modificarli nel momento in cui ha deciso di inserirli nella silloge qui presentata. Completano questa raccolta di materiali la trascrizione di una conversazione con Ignacio Echevarria e due piezas brevi inserite nell’ultima sezione, Ellisse di ellissi, che suggerisce la contiguità tra i contenuti concettuali del volume e la produzione drammatica dell’autore: si tratta di 581 mappe, basata sulla metafora cartografica, riproposta analiticamente in Cartografia teatrale degli spazi di eccezione, e connessa, in particolare, con l’opera teatrale Il cartografo, di cui mantiene la concezione meta-testuale; e Tre anelli, legata alla tradizione e incentrata sulle dinamiche ‘evento-interpretazione’ e ‘creazione-analisi’. Con andamento chiastico, lo stesso accadeva nella raccolta antologica delle opere teatrali di Mayorga, comprensiva di venti opere scritte tra il 1989 e il 2014, chiusa da Mio padre legge a voce alta, un contributo non drammaturgico inserito nel volume recensito (pp. 211-12).
Il volume tratta temi variegati, come la libertà, la violenza e le sue manifestazioni, la cultura e la sua negazione, la storia e la memoria, l’Europa, Auschwitz e il teatro, quest’ultimo inteso come espressione artistica dell’incontro e dell’immaginazione, come uno spazio in cui esprimere la critica e concretizzare l’utopia. Insomma, il libro presenta contenuti vari, stratificati, compositi, ricchi di riecheggiamenti interni e temi e sotto-temi che, nel corso della lettura, riemergono con andamento carsico. Tutto ciò profila una riflessione profonda, manifestazione di un pensiero e di interrogativi che vertebrano l’intera opera drammatica di Mayorga, influenzate dall’inclinazione all’esattezza e alla sintesi, che l’autore assume dalla matematica ma anche dall’astrazione e dalla concettualizzazione desunte dalla filosofia, supportate da intuizioni che travalicano epoche e accidenti e nutrono la sua scrittura teatrale.
L’esito è rappresentato da questo tomo pervaso di passione e costellato di spunti per la riflessione, che mette il lettore di fronte a quesiti ineludibili. Al contempo, però, la raccolta rivela anche gli autori con cui Mayorga dialoga e che si indovinano dietro alla sua attività di autore di teatro: Aristotele, Benjamin, Bulgakov, Calderón, Lope, Kantor, Kraus, Pasolini, Pinter e Tabori, tra i molti che si potrebbero menzionare. Questo aspetto è stato alimentato e consolidato dall’attività di adattatore di classici di Mayorga, che coniuga la fedeltà al passato con lo spirito del proprio tempo, meccanismo che traspare anche nelle sue piezas originali. La raccolta, però, richiama anche l’attività di registra teatrale del drammaturgo, a partire dall’allestimento delle sue stesse opere (si veda il saggio intitolato l’autore regista), ruolo che egli inizia ad assumere a partire dalla presentazione de La lingua in pezzi (2012). Nel teatro di Mayorga, dunque, lo si intende anche solo dalle brevi considerazioni precedenti, la parola risulta centrale, in linea con la teoria della ricezione e della riflessione postdrammatica, ossia, come uno spazio per il dibattito, per la critica, che coinvolge lo spettatore, svincolato ormai dalle costrizioni della mimesi. Insomma, un teatro che è esperienza condivisa, processo, manifestazione e impulso.
Mayorga, però, si concentra anche sull’osservazione (dell’artista, dello storico, del matematico, del filosofo…) che associa il visibile all’invisibile, stabilendo nessi inediti. Per questo, l’ellissi viene presentata come dialogo potenziale, dialettica individuale e, al tempo stesso, collettiva, particolarmente evidente nel teatro. Il pezzo di apertura, Le ellissi di Benjamin, quindi, potrebbe essere considerato come una sorta di chiave di lettura dell’intero volume, l’idea che ne costituisce il nucleo centrale che si irradia sul resto dei contributi antologizzati come, del resto, sull’intera drammaturgia mayorghiana. L’approccio ellittico alla realtà e alla conoscenza, caratteristico dell’autore, testimonia il rilievo della filosofia e della figura di Walter Benjamin, di cui egli assume la visione della storia, la rivisitazione del passato e la percezione degli eventi che nega l’idea di continuum per rifarsi al frammento, ma che investe anche il concetto di traduzione con i suoi vuoti, il rapporto fra arte e politica, il potere di profonda rigenerazione riconosciuto al discorso critico, la dialettica fra cultura e barbarie, immagini concettuali come quelle di costellazione e di sciame, simboli come le cicatrici o le ceneri e molto altro ancora. Allo stesso modo, risulta assolutamente significativa l’interazione con la riflessione filosofica dello spagnolo Reyes Mate, per esempio attraverso la partecipazione al gruppo di ricerca su La filosofìa del Holocausto e al seminario Memoria y pensamiento en el teatro contemporàneo.
Un altro aspetto chiave della raccolta è costituito dalla concezione del dubbio, a partire dallo stesso atto creativo, dal prendere la parola, atti potenzialmente esposti ai condizionamenti più svariati (si veda il contributo dal titolo Chi scrive queste parole?). È così che l’autore sprona il pubblico a interrogarsi su questioni delicate o scottanti, che lo vedono in realtà direttamente implicato, forse più come oppressore che come vittima, contribuendo idealmente a stimolare il pensiero critico negli spettatori e, dxmque, nei cittadini contemporanei.
Rispetto all’edizione spagnola originale, la raccolta recensita integra Silenzio. testo letto dall’autore in occasione dell’ingresso nella Real Academia Española, in cui enfatizza e chiarisce il peso semantico del silenzio, dal valore materico oltre che ritmico. La carrellata proposta parte dall’Iliade e dai tragici greci per arrivare al teatro di Federico Garcìa Lorca, tra i quali sono intercalati esempi tratti da Kafka, Büchner, Calderón, Dostoevskij, Čechov, Beckett, tutti maestri di scrittura ellittica a creatori di figure che non dicono (perché non sono in grado o non osano). Ed è proprio questo che Mayorga ricrea in scena sfruttando la tensione di opposti.
Vi è poi il pezzo intitolato La ragione del teatro, che si potrebbe quasi considerare emblema della poetica dell’autore. In esso, Mayorga articola la propria visione dell’atto teatrale, fondata sul patto stabilito col pubblico, che diventa quindi complice, più che compartecipe. Il teatro, infatti avviene nello spettatore, nonostante la dimensione assembleare dell’atto performativo della rappresentazione. Da qui, la rilevanza morale e politica del linguaggio teatrale, che potenzia la sensibilità e lo sguardo dello spettatore ma al contempo ne destabilizza le certezze, attraverso la spinta alla riflessione che ne rafforza la capacità critica. È così che Mayorga costruisce la propria estetica, a partire dagli apporti di Benjamin ma anche di Brecht, Cormann e Sanchis Sinisterra, tra gli altri.
Un altro nucleo chiave della riflessione condensata nella raccolta è costituito dal teatro storico, inteso come preziosa rappresentazione di un’epoca destinata a un’altra epoca, che trascende dunque le proprie coordinate spazio-temporali per farsi ponte con altri spazi e altri tempi, in sostanza, con altri momenti contingenti. Ciò si concretizza nella rappresentazione del passato in un presente che la realizza, la attualizza e la offre al futuro in chiave di interpretazione risemantizzata. Sono riflessioni che investono anche il Teatro della Memoria, che parla del proprio tempo attraverso il recupero del passato. Come La rappresentazione teatrale dell’olocausto (p. 129), di cui Mayorga denuncia anche le mancanze (la manipolazione sentimentale del dolore, l’esibizione della violenza, ecc.) ma anche lI teatro storico spagnolo e Il teatro storico. Con Pasolini, invece, Mayorga concide sul concetto espresso dall’italiano nel suo Manifesto per un nuovo teatro, relativo al rinnovamento del linguaggio scenico, il Teatro di Parola, dall’azione contenuta e ridotta, popolato dalle idee. Con Silenzio e clamore in Gigi dell’Aglio, poi, l’autore rende omaggio all’artista scomparso, cui si devono alcuni allestimenti delle sue opere, per esempio di Himmelweg e di Hamelin, e di otto piezas brevi tratte da Teatro para minutos.
In sostanza, nelle sei sezioni di Ellissi, il lettore reperirà spunti di riflessione civile, filosofica e anche estetica, che riflettono il profilo del Juan Mayorga drammaturgo ma anche e specialmente pensatore. Secondo le parole dell’autore, per quanto i testi raccolti nel volume siano stati scritti o pronunciati in momenti diversi della sua traiettoria di pensatore e creatore, egli non ha mai ceduto alla tentazione di riscriverli, per lasciare attraverso di essi testimonianza diretta e fedele di un determinato momento della sua esperienza esistenziale o artistica. Al contrario, la scelta relativa all’ordine interno al volume di questi materiali riflette l’attualità dell’autore, in un rapporto di collaborazione con il curatore, il cui obiettivo ultimo di dare vita a una sorta di conversazione, a un dialogo col lettore.