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Anna Barsotti, Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile
10 Dicembre 2018

Anna Barsotti, Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile

Simona Scattina, «Arabeschi»

Anna Barsotti con Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile (Cue Press, 2018) torna ad occuparsi di uno degli autori-attori più emblematici della drammaturgia italiana del Novecento. Non nuova al teatro di Eduardo (ricordiamo Introduzione a Eduardo, per Laterza, 1992; Eduardo drammaturgo, per i tipi Bulzoni, 1995; la cura per Einaudi dell’edizione della Cantata dei giorni dispari, 1995, e della Cantata dei giorni pari, 1998; la monografia Eduardo sempre per Einaudi, 2003 e infine Eduardo, Fo e l’attore del Novecento, Bulzoni, 2007), Barsotti ristampa con Cue Press il volume laterziano del 1992 inserito nella prestigiosa collana di Giuseppe Petronio, Gli scrittori, dedicata ai grandi autori italiani e stranieri. Il suo studio aveva una portata rivoluzionaria visto che il grande drammaturgo napoletano era all’epoca considerato certamente un grande attore, ma non entrava nel pantheon degli scrittori-autori.

Il volume, in una rinnovata veste grafica, si conferma ricco di spunti e di analisi dettagliate e ri-propone una ricognizione intorno alla figura, all’opera, al mestiere e all’esperienza di Eduardo. Barsotti, da instancabile studiosa, ripensa il testo originario aggiungendo un capitolo conclusivo, Leitmotiv della comunicazione difficile, un paragrafo sulla problematica cronologia di Natale in Casa Cupiello, in cui condivide con il lettore una lettera privata con la quale Eduardo le risponde sulle fasi dell’itinerario compositivo della pièce (il discorso sulla cronologia delle opere eduardiane sarà ripreso anche nell’ultimo capitolo Il romanzo teatrale eduardiano. Su edizioni e varianti delle ‘Cantate’ di Eduardo De Filippo), e una Bibliografia ampliata alla luce dei numerosi studi che si sono susseguiti in anni più recenti. Ogni capitolo si apre poi con un’epigrafe tratta da un’opera di Eduardo (o da altri autori), che serve a sottolineare come nei suoi testi si insista sulla «difficoltà intersoggettiva del dialogo, […] oscillante tra affabulazioni e silenzi» e ci consente di muoverci all’interno del grande «romanzo eduardiano».

Il volume inizia con il racconto dello status di figlio di due padri-maestri, come sono definiti dall’autrice Eduardo Scarpetta e Luigi Pirandello, entrambi fondamentali per la crescita umana e professionale di Eduardo. Il primo gli trasferirà quel rispetto verso il mondo dialettale che gli consentirà di far interagire lo spettacolo popolare con il teatro colto; il secondo porterà Eduardo, che aspirava già a «un teatro senza confini» (Meldolesi) a sperimentare ed elaborare un linguaggio diverso, ma sarà anche il motivo della rottura con il fratello Peppino e il passaggio dal ‘Teatro Umoristico I De Filippo’ al ‘Teatro di Eduardo’. Segue l’analisi della drammaturgia di Eduardo che oscilla costantemente tra la rappresentazione dell’individuo isolato in un mondo che non lo comprende e con cui non riesce a comunicare e la resa dei suoi tentativi al fine di costruire un rapporto con gli altri. E questi ‘altri’ sono anche gli spettatori, di ieri e di oggi.

Attraverso i tanti esempi presenti nel volume, ricchi e puntuali, il lettore entra nell’universo eduardiano fatto di quella impossibilità comunicativa tra uomo e uomo, individuo e società, io e mondo. Barsotti, attraverso la ricerca sui testi e le dichiarazioni di poetica di Eduardo, ripercorre la sua produzione: da Ditegli sempre di sì (1927), in cui il protagonista, Michele, tenta di comunicare col mondo, a Sik Sik (1929), in cui la comunicazione che si vuole attivare è tra ‘l’artefice magico’ e il suo pubblico; da Natale in casa Cupiello (1931/1943) a Napoli milionaria! (1945), dove l’itinerario familiare di Eduardo è costellato di persone che, pur vivendo sotto lo stesso tetto, patiscono la solitudine. Sullo sfondo si agitano i cambiamenti della Nazione: dalla guerra al boom economico, fino ad arrivare alla perdita degli antichi valori legati alla famiglia.

Con il suo teatro Eduardo ha sempre promosso il dialogo con il suo pubblico, ed ecco l’analisi della cosiddetta ‘trilogia sociale’ (De Pretore Vincenzo, 1957, Il sindaco del Rione Sanità, 1960, e Il contratto, 1967), fino a Gli esami non finisco mai (1973), definita dalla studiosa «una tragedia moderna», che costituirebbe l’esempio più radicale di «comunicazione difficile» in cui il protagonista, Guglielmo Speranza, approdato a un muto isolamento, non rinuncia al rapporto con il pubblico con il quale gioca durante tutta l’opera, eleggendolo a interlocutore speciale.

Nella drammaturgia post bellica di Eduardo l’alchimia tra silenzio e parola diventerà fondamentale: il piccolo borghese napoletano si trasforma in «maschera assoluta della sconfitta esistenziale». Questo tema novecentesco dell’impossibilità comunicativa, che avvicina secondo Barsotti Eduardo a grandi drammaturghi del calibro di Ionesco, Beckett (l’assurdo è un terreno anche eduardiano), sembra toccare il suo punto di non ritorno in quest’opera, ma De Filippo, che ha stretto un patto con il «personaggio in più», lo spettatore, ripone proprio in lui un’ultima speranza poiché la comunicazione rimane, nonostante tutto, lo «strumento dinamico di un nuovo umanesimo».

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