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Sesso, sordi e ortaggi. Fellini
16 Gennaio 2025

Sesso, sordi e ortaggi. Fellini

Federico Pontiggia, «il Fatto Quotidiano»

«Masina donna del destino»

Dalla fellatio d’infanzia alla melanzana erotica (e indigesta), dalle catacombe di Roma
all’Oscar cimiteriale, dai seni della Loren alla Masina «poverina»: tutte le prime volte di Fellini. Vengono da Raccontando di me, ovvero Federico Fellini conversa con Costanzo
Costantini, che pubblicato in Francia nel 1996 torna in libreria per i tipi di Cue Press.

Tra il maestro e il giornalista del Messaggero è tutto un fluire di ghiotti aneddoti, confessioni audaci e commenti inesorabili. Con una sensazione ineluttabile: la nostalgia canaglia per un cinema che non è più.

Su Sophia Loren: «Era magra, magrissima, ma aveva un seno fastoso. Come mi giravo, la madre le tirava giù la chiusura lampo della blusa e le faceva esplodere i seni».

Pisello e melanzana

Fellini l’incipit erotico l’ebbe a sei o sette anni, complice una cameriera, Marcella. A letto febbricitante, la domestica gli «sollevò la camiciola, prese il mio pisello fra le mani e se lo mise in bocca». Vi immaginate un regista qui e ora prodursi in un simile ricordo? Non finisce qui: Marcella poi «afferrò un’enorme melanzana e se la infilò tra le cosce, facendo avanti e indietro con la mano». Addio parmigiana: «Da allora non ho mai potuto mangiare le melanzane».

Flirt al balcone

Il primo fu al liceo, «un flirt a distanza, visivo». Federico si innamorò della «signora delle ore 11», una bellissima donna che apriva le persiane e appariva in vestaglia dirimpetto all’istituto. Il climax, talvolta condiviso dal professore di matematica, quando si chinava per dar l’acqua ai fiori: «La vestaglia le si apriva un po’ sul seno. Aspettavamo quel momento dalle otto e mezza».

Primo amore

Una bella ragazzina, Bianchina Soriani, che – commenta Costantini – diviene «un mito, come la Silvia di Leopardi». Federico non smobilita: «L’amore per quella delizia lo esprimevo con degli scarabocchi», ispirati ai fidanzatini di Peynet.

Esordio capitale

A Roma la prima volta nel 1933 e nel 1934 con il padre: uno dei fratelli della madre romana lo porta in giro in macchina. Fellini si sente «come a scuola, frastornato da quella girandola di colonne e di statue, di rovine imponenti». C’è anche l’intervallo, fuori programma: «Alle catacombe di San Callisto mi spersi». Le guide gridavano «Ragazzo riminese sperduto nelle catacombe»: quindici minuti di incubo – e avvisaglia di celebrità?

Giulietta del destino

Il rendez-vous al ristorante, Castaldi in piazza Poli; a fine pranzo – rammentava Masina – Fellini trasse dalle tasche «tanti soldi da lasciarla sbalordita». Federico abbozza, «Giulietta forse esagera », e assevera: «Era la donna del mio destino. Sono arrivato a pensare che il nostro rapporto preesistesse addirittura al giorno in cui ci incontrammo per la prima volta».

Seni del varietà

La prima regia, a quattr’occhi con Alberto Lattuada, fu Luci del varietà nel 1950. Non andò benissimo, ché «faceva tutto Lattuada» e il botteghino non premiò: «Stiamo ancora pagando le cambiali». Fellini si consolò al provino con Sophia Loren, all’epoca Sofia Lazzaro: «Era magra, magrissima, ma aveva un seno fastoso. Come io mi giravo un po’, la madre le tirava giù la chiusura lampo della blusa e le faceva esplodere i seni».

Fischi per sordi

Lo sceicco bianco al Festival di Venezia nel 1952: stroncature feroci, fischi a scena aperta, «il film venne distrutto, cancellato nella sua esistenza». Il peggio era da venire: il pubblico si rifiutò di vederlo, perché detestava Alberto Sordi, «non tollerava la sua impudenza, odiava la vocina da seminarista in quel corpo greve, con quel culone».

La strada agli Oscar

Il primo Academy Award, le prove al Chinese Theatre, Federico, Giulietta, Anthony Quinn e Dino De Laurentiis tra divi e divine: Liz Taylor con diadema regale alla Nefertiti, toilettes scintillanti, sicché Masina, in giacca di ermellino su abitino di tulle, «sembrava una poverina capitata lì per caso». Fellini non la risparmia: «Molti credevano che l’avessi presa davvero da un circo».

Cenere di stelle

Fellini – il 20 gennaio cade il centocinquesimo anniversario della nascita – ebbe un Academy Award alla carriera nel 1993 e quattro film giudicati i migliori in lingua straniera (il già citato La strada, Le notti di Cabiria, e Amarcord ), ma ancor più consapevolezza di che fosse l’Oscar, «il cinema che s’incontra con sé stesso nel tentativo di resuscitare i morti, esorcizzare le rughe, la vecchiaia, la malattia e la fine». Già, «la caricatura del Giudizio universale», eppure Federico non poteva rifiutarlo né contestarlo, perché «il cinema è anche circo, carnevale, luna park, giostra, gioco di saltimbanchi». E chi meglio di Fellini?