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Con Jon Fosse, dentro quel buio luminoso
15 Gennaio 2024

Con Jon Fosse, dentro quel buio luminoso

Roberto Canziani, «Hystrio», XXXVII-1

Ne hanno parlato così tanto i giornali, che era poi logico veder schizzare Jon Fosse, Premio Nobel 2023 per la letteratura, nei posti alti delle classifiche nelle librerie. Alti se confrontati con lo spazio residuo che il teatro occupa oggi nell’editoria italiana. Ha fatto quindi bene Cue Press a rimettere velocemente in circolazione tre lavori teatrali dell’autore norvegese (Jon Fosse: Teatro. E non ci separeremo mai, Qualcuno verrà, Il nome, a cura di Vanda Monaco Westerståhl, Imola (Bo), Cue Press, 2023, pagg. 144, euro 22,99). I primissimi. Quelli datati anni Novanta. Quelli in cui più puro si manifesta il dettato freddo, aurorale, della sua scrittura per il teatro. «Jon Fosse merita di figurare tra i cento geni viventi in tutto il mondo» spara la quarta di copertina del volume. Anche se è ben più ridotto il numero dei direttori e programmatori teatrali italiani che alla proposta di mettere in cartellone un suo testo risponderebbero con un sì. Il sistema teatrale italiano è diffidente, e il teatro di Fosse dovrebbe essere introdotto omeopaticamente nelle nostre programmazioni, per potersi manifestare, anni dopo, in tutta la sua potenza.

Era ciò che aveva tentato di fare chi ora scrive questa nota, quando vent’anni fa propose ad AstiTeatro 2003 l’allestimento di alcuni testi dell’allora sconosciutissimo norvegese. La fortunata prima versione italiana di Inverno con Valter Malosti e Michela Cescon, collocò per la prima volta il nome di Fosse nell’albo d’oro dei Premi Ubu. Lo fece aprendo al pubblico la cappa dei suoi silenzi, delle sue sospensioni, di quei cieli grigi e boreali. Un ‘buio luminoso’ (così dice il bel titolo di uno scritto che il critico Leif Zern gli aveva dedicato) che si ritrova facilmente in questa nuova edizione, curata e tradotta da Vanda Monaco Westerståhl. Dalle solitudini di Qualcuno verrà (nella vecchia casa in rovina immaginata da registi come Sandro Mabellini prima e Valerio Binasco poi), a E non ci separeremo mai e Il nome, con personaggi che sembrano schizzati fuori da un quadro di Edward Hopper. Già nel 2006 Editoria&Spettacolo, per la cura di Rodolfo di Giammarco, e più tardi Titivillus avevano tentato l’impresa. Forse non era stato sufficiente. Ora, con il Nobel e il rientro in libreria, il lavoro di diffusione delle opere teatrali di Fosse, cui si è votata Cue Press, potrebbe dare risultati più sostanziosi. E più soddisfazioni.

Carta : 22,99