Logbook
Approfondimenti, interviste, recensioni e cultura: il meglio dell’editoria e delle arti da leggere, guardare e ascoltare.


Recensione de La supplica
Non è difficile, al giorno d’oggi, incappare nella lettura, o nella visione, di commedie del Seicento. Rimane tuttavia raro cogliere da vicino quali fossero lo spirito e il genio ma anche le cure e le preoccupazioni di quelli che furono i protagonisti della Commedia dell’Arte; ce ne fornisce un prezioso esempio Nicolò Barbieri, attore nato a Vercelli nel 1576, nel saggio La supplica.
Il discorso famigliare a quelli che trattano dei comici riassume le argomentazioni fondamentali in difesa della Commedia dell’Arte e degli attori, cercando di scagionarli da quel pregiudizio, diffuso fino al XIX secolo, che li ritrae come scostumati e viziosi. Niccolò Barbieri, inoltre, non si limita alla difesa della professione dei comici; si interroga anche sul valore dell’arte dell’attore e del significato della sua professione nel contesto culturale dell’epoca. Il tutto è sviluppato in un linguaggio dolce e accomodante: il linguaggio di Beltrame, la maschera inventata dallo stesso Barbieri. A colmare la distanza storico-culturale tra noi e l’autore interviene la ricca e informata introduzione di Ferdinando Taviani (La Spezia, 1942).
Dopo aver definito la figura del Barbieri, il curatore studia l’inserirsi del trattato del Barbieri nella polemica, viva in quegli anni, relativa al teatro e alla Commedia dell’Arte. Si chiede poi come mai la professione del comico stenti a trovare il proprio equilibrio all’interno della società. Pur essendoci, al tempo del Barbieri, una già matura concezione del teatro come pausa, come svago della mente e dello spettacolo come metafora. La supplica, spiega Taviani: «Non è solo la risposta di un comico che reagisce alle ingiurie e difende una professione aggredita dai pulpiti e denigrata nei trattati di morale, e che – oltre a essere un importante documento della vita e della poetica dei comici dell’arte nei primi decenni del XVII secolo – è anche la preziosa testimonianza di un primo tentativo di recepire, accanto al tempo dello spettacolo, il luogo del teatro nella città, di collocare il momento esecutivo dell’arte scenica nell’ambito delle attività culturali, di sistemare l’intero complesso dell’organizzazione teatrale in un insieme ordinato capace di nobilitarla».
Il testo, curato da Taviani è stato pubblicato da il Polifilo nel 1971. È oggi disponibile in formato e-book e cartaceo da Cue Press.
Fuochi, scoppi, crolli in dodici quadri. Addio al sogno europeo
Facciamo tutti il tifo per gli autori nuovi, ma certo devono essere molto volenterosi per farsi strada nei teatri italiani. È il caso di Davide Carnevali, trentaquattrenne scrittore, professore milanese, pieno di premi per i suoi testi teatrali: Variazioni sul modello di Kraepel, Calciobailla, Come fu che in Italia scoppiò la rivoluzione ma nessuno se ne accorse, ma conosciuto tra Berlino e Barcellona, dove vive. Da noi, debutta ‘solo’ ora in grande, al teatro di Roma che lo ha prodotto (al Teatro India), Sweet Home Europa, pubblicato da Cue Press con la prefazione di Attilio Scarpellini (seguirà una seconda parte Prelude to an end of a world), un testo che diventa uno specchio di sentimenti e preoccupazioni collettive reali in tema di immigrazione e integrazione, confini e stati nazionali, tradizioni e sradicamento.
Carnevali mette in campo tre figure, un Uomo, l’Altro e la Donna, chiamati così nel testo, che in dodici quadri, evoca la caduta del sogno della ‘grande casa Europa’ e il disagio della migrazione e dell’accoglienza. Lungo e troppo volutamente ridondante, il testo di Carnevali è però interessante: mescola registri narrativi diversi – cronaca, fiaba, ironia, non sense tanto da risultare sfrontato, reale e surreale – e ha la forza di sviluppare indignazione per alcuni modelli dello scontro culturale che attraversa l’Europa. Lo spettacolo, diretto da Fabrizio Arcuri, lo arricchisce di una pluralità di linguaggi: le belle musiche dal vivo dei Marlene Kuntz e la straordinaria NicoNote, grande performer vocale, la scena con tre porte aperte, dove al di là c’è un luogo oscuro, al di qua ci siamo noi e le tre figure che arrivano ognuna su una pedana mossa su rotaie, con l’effetto un po’ agghiacciante di ricordare i binari morti dei treni dei lager. In questo spazio, tra un mappamondo di plastica, soffitti che crollano, scoppi e fuochi che ogni tanto si accendono, le tre figure continueranno a essere separate dall’età, dal sesso, dalla cultura, dai propri mondi: il bravissimo Michele Di Mauro, il patetico e arrembante signore ‘occidentale’, Matteo Angius, l’Altro, sperso e con un birignao, si spera voluto, di smorfie, Francesca Mazza perfetta, mamma, cameriera, moglie cui si devono parole dure. Il loro malessere, il tono di sberleffo che pervade la scena, ne fanno uno spettacolo importante più che bello, che ha qualcosa da dire contro i luoghi comuni del tempo.
Killed by the hand that feeds you: Rafael Spregelburd’s Spam
Rafael Spregelburd is telling me the story of David Hume’s chicken. It was first recounted by the philosopher Bertrand Russell, and later retold in a different form by Nassim Nicholas Taleb. The chicken believes the hand that feeds him loves him. «They feed me, they like me, I love them!» The chicken is, of course, being fattened up for dinner, and that same hand that feeds, and loves him, eventually kills him. «For the chicken this is a catastrophe, he would never have been able to understand this occurrence. And why? Because he never distrusted the information he was given. The real information is that you are going to be eaten at Christmas. We never know what other people have planned for us», Rafael Spregelburd warns, on the problem of induction. He is, by now, a familiar face in Germany, and an international presence, also on the festival circuit. Based in Buenos Aires, the Argentine director, filmmaker, and actor (he performs in his own productions), has directed works by Harold Pinter and Marius von Mayenburg, among others. He first started showing his work with the Schaubühne’s F.I.N.D. Festival in 2004, and for F.I.N.D. #15 he will perform his new piece Spam. Spregelburd’s theatre does not lend itself to easy explanation, and this is perhaps the point. He describes himself to me as «a garbage collector, of bits and pieces of things. Usually, they are not ideas; they are images. The difference between the two is substantial. An image is a mystery. You are not sure why it attracts your attention; it is itself. It is a prompt of meaning. Images have this power». The first question many critics, or audience members, ask of a play is: what does it mean? For Spregelburd, a prolific reader of physics, in particular on the subject of chaos theory, the question of multiple causality is much more interesting. In his theatre creations, he explores inhabitual systems with which to organize information, rather than giving fixed explanations of meaning. How this works in practice requires some untangling, but his methods become clearer as we discuss Spam. An enormous mass of information awaits the viewer, as we plunge into the Spam mailbox. «The play is hellish, a collection of images, that nobody should ever have put together», says Spregelburd, «It’s the feeling I have in daily life, overwhelmed by disturbance, by Facebook, emails, by spam». The bombardment is «an automatized net of association», «pits of bastard information», or «pots of crap», as he describes them. In the play, it is as if a series of mouse clicks brings us from the European banking crisis, to the end-days of the Mayan calendar (the play was written in 2012), to a radioactive conspiracy launched by the set designers of the James Bond film Dr. No. All this «fake information in the play», he says, «is linked to other moments in the play. This allows you to create a maze, a labyrinth of connections, which has the aspect of real life. It’s not of course. It’s fake». His design connects with other concerns in chaos theory that intrigue him: a «jump in categories of thinking, a step into the blind void which takes you somewhere else. Instead of reconfirming something you know already, you allow for intersecting reference fields, which were never likely to cross». Spregelburd asks me to compare arriving at conclusions by surprising routes to Archimedes’ discovery in the bath. One might think that Spam would be something of an uncomfortable and demanding bath, given its heady theoretical concerns, but a trademark of Spregelburd’s work is his interested in popular culture. Let’s say the water is warmer than expected. Spregelburd says, «I always insist that I need to work with popular issues of perceiving reality, which make my work, say, different from a play by Heiner Müller, in that there’s a combination of high and low culture. There’s as much you can learn from a bad football match as from a book on physics». Nor is Spam expected to be a cacophonous stream of white noise. It has a plot, and a poignant one at that: it is about a man named Mario Monti who has lost his memory and uses the internet as a tool to discover who he is. When he googles himself, he discovers he might just be the former Italian President. «He reaches a false conclusion about who he is. A person who has lost his memory reconstructs who he is by the internet; this is what the play is about». This brings us to yet another supposition derived from chaos theory, which is what Spregelburd calls «reflectaphors», the process of creating resonances between scattered pieces of information. «One box echoes the other one. This is taken also from chaos theory. Reflectaphor is the idea that one word is made by reflection, rather than by metaphor, which simply implies a substitution of an object A by another object B based on their resemblance. It is very interesting when I read what mathematicians and physicists have to say about metaphors. They tend to say, and I agree, that metaphor has been the alibi of occidental culture to tell a story by means of substitution. At a certain point in culture, this has lead to a dead end. Every time I say something, I am praying that I’m going to be able to read between the lines. In this play, we use new processes to think beyond meaning and message. With reflectaphors, different parts of the structure mirror each other, and you can think not only about similitudes, but also about differences between images that make up the plot». As an example of his method, Spregelburd provides the sinking of the Italian cruise liner Costa Concordia in January 2012 as an emblem «of the decadence of Italy. Italy could be taken as the symbol of the decadence of the Western Empire. You can enumerate all the garbage, located now off the Isola del Giglio. And it’s like a poem: it has no meaning in itself, but it connects in different ways to other apocalyptic ideas beating gently in the heart of the play. The sinking of the cruiser was a big deal in popular culture: people made ring tones out of the communications between the captain and the coast guard. Reality becomes pop. It’s very quickly eaten up by the marginal, by fringe cultures, and reincorporated with a sarcastic view. This is not something I feel proud of: but I combine – with a certain art – bits of this re-chewed information, which is somehow given back to a society for it to reflect on itself . There is a barrage of images, reference fields, «reflectaphors», a multiplicity of explanation, but Spregelburd does not expect this will be difficult for the audience to assimilate. «Spam is not a complex text», he says, «You don’t even need to be educated to follow the play. Eventually I think it becomes very clear; it deals systematically with two or three different explanations for the same fact: a situation that happens to us all the time in real life, but is nonetheless still something forbidden in theatre. «Spam is a play that asks you to distrust information. It makes you experience the feeling of distrusting information. Because information is a way of keeping people down». We wouldn’t want to end up like Hume’s chicken now, would we?
Ribalta digitale. Nuove esperienze di lettura
In Italia l’avvento del digitale, dalla sua nascita, ha scatenato dubbi e reazioni di perplessità nei lettori più ‘conservatori’ e negli ‘affezionati alla carta’: al suo odore, all’ingiallimento delle pagine col tempo, all’oggetto libro, insomma; quelli abituati alla compra-vendita dal vivo, nelle librerie, circondati da scaffali strabordanti, per intenderci.
Ma quanto sappiamo dell’editoria digitale? Ecco una piccola panoramica che vuole posare lo sguardo su alcuni dati salienti, per comprendere una realtà emergente e farsi un’idea editoriale.
Alla diffusione del computer e al successivo avvento di Internet, avvenuto negli anni Novanta, forse non si era consapevoli dei rivolgimenti che questa tecnologia avrebbe portato, ma per rendere l’idea basta pensare ai cambiamenti che in una decina di anni hanno travolto il modo di fruire e produrre informazioni: nel 2000, infatti, il 75% delle informazioni erano su formato analogico, nel 2013, invece, solo il 2% di queste NON erano state decodificate da un calcolatore.
Il diverso modo di fruire le informazioni ha portato alla necessità, da parte di tutti i tipi di ‘azienda’, di attraversare differenti canali per offrire nuovi contenuti in forme innovative. L’editoria non si è tirata indietro in questa realtà fatta di contenuti virtuali e formati elettronici: ha dato il via a sperimentazioni che potessero vivere e sopravvivere in un mercato competitivo. Ecco che arriviamo al protagonista degli ultimi anni, che ha generato una serie infinita di figli e nipoti: l’e-book.
A oggi i dati dell’Aie (Associazione Italiana Editori) parlano chiaro: il fatturato editoriale nel 2014 ha avuto un calo del 5,3%, i settori in positivo sono l’editoria per ragazzi e gli e-book, che arrivano a toccare il 3% del mercato trade. Cresce del 32%, secondo i dati Istat, la lettura degli e-book, toccando 7 milioni d’italiani che ne hanno letti durante l’anno.
Cosa vogliono dire tutti questi numeri, dati, percentuali? Che lo zoccolo duro di lettori forti (quelli che acquistano un centinaio di libri all’anno) non è cambiato; per molti lettori l’esperienza del digitale è assimilabile a quella cartacea, soprattutto permette un grosso risparmio: includendo gli e-book, i lettori possono acquistare 200 titoli all’anno allo stesso prezzo dei 100 solo cartacei.
Si sono persi i lettori occasionali, ma l’editoria per ragazzi è il settore che più resiste alla crisi: i giovani lettori aumentano, facendo sorgere domande sulle motivazioni che portano poi a un calo di lettura nell’età adulta. Marco Polillo, presidente dell’Aie, dichiara: «I dati ci restituiscono una fotografia impietosa, ma lasciano intravedere una speranza: quella delle famiglie con bambini che leggono e che credono al valore della lettura. Il mondo e il mercato del libro va quindi oltre questi segni meno: c’è il digitale che pur con piccoli numeri si sta imponendo e permette di sperimentare nuove esperienze di lettura, ci sono le iniziative di promozione che in tutta Italia ci restituiscono uno scenario diverso, fatto di esperienze positive. Il nostro mondo sta cambiando pelle. È il momento in cui l’editore investe sul lungo periodo, con tenacia».
Sperimentare, dunque, potrebbe essere la parola chiave affinché si salvaguardi l’editoria. Ed ecco che entra in gioco l’esperienza del digitale che offre modelli fluidi di ricezione, che moltiplica le modalità e le prospettive di lettura attraverso la tecnologia. L’editore così offrirebbe contenuti curati e originali, declinati a seconda di esigenze specifiche, così il campo di vendita si sposterebbe sul virtuale affidandosi ai magnati della vendita online, o creando a loro volta nuove piattaforme, in grado non solo di vendere ma di condividere le informazioni, valorizzandole e trovando un nuovo mezzo di diffusione e di attrattiva.
IfBookThen, conferenza internazionale di narrativa organizzata da Bookrepublic, nell’edizione 2014 ha sottolineato come al momento ci siano più ‘storie’ che libri e come la tecnologia permetta di fruirne, attraverso diverse forme che al di fuori del cartaceo trovano nuovi modelli di lettura o di coinvolgimento del lettore. Mobnotate, ad esempio, sfrutta l’analisi del testo che si sta leggendo per consigliare altri e-book che potrebbero piacere al lettore; Socialbook è un social reading, in cui i lettori commentano i testi insieme agli altri utenti condividendo l’esperienza di lettura.
Stanno aumentando le case editrici che fanno del digitale il proprio cavallo di battaglia unendo alle abilità editoriali le competenze informatico-tecnologiche. La Cue Press offre nuove forme e aggiunge nuovi contenuti alla lettura, molto adatti alle arti dello spettacolo, facendo sì che il digitale diventi un’esperienza peculiare che permetta di esaudire curiosità attraverso approfondimenti audio, video e altro ancora, in una visione in cui il libro non è percepito come semplice oggetto ma come pro-getto di produzione culturale. Per una lettura di un quadro più ampio, in cui diverse prospettive possono intrecciarsi, si è cercato il punto di vista dell’editore, tra i protagonisti dei processi finora descritti, così abbiamo dato la parola a Mattia Visani, fondatore della Cue Press.
La Cue Press è la prima casa editrice digitale, in Italia, dedicata interamente alle arti dello spettacolo. Come hanno reagito gli autori a una forma diversa da quella cartacea?
Tutti con grandissimo entusiasmo, qualunque fosse la loro età, perché la percezione della crisi in cui versa l’editoria di settore è grande, e molti ormai hanno capito che servono modelli nuovi. Per quanto ci riguarda, vecchio e nuovo convivono in maniera produttiva e felice: riedizioni e nuove proposte, digitale e cartaceo.
Quali sono secondo te le caratteristiche principali di un e-book reader?
L’e-book rivoluzionerà, e in parte lo sta già facendo, le abitudini di milioni di lettori. Gli e-book reader permettono di gestire contenuti ipertestuali di vario genere, muovendosi sempre più dal testo alla rete. Gli e-reader di domani non saranno come quelli attualmente in commercio: saranno sottili come fogli di carta, pieghevoli, di inchiostro elettronico a colori e con un browser integrato, costeranno 15 euro e in una tavoletta ci saranno 300 libri… si capisce subito che non c’è partita… «Reinventeranno la carta!» mi ha detto Nando Taviani mentre gli parlavo dell’e-reader del futuro. Ormai lo cito sempre. Ripeto: facciamo bellissimi libri di carta a prezzi contenuti e non ci interessa creare inutili (quanto sterili) contrapposizioni. Ci interessa piuttosto, arrivare a un’utenza non raggiunta (e ormai non raggiungibile) dai vecchi modelli di distribuzione editoriale, se si può chiamare distribuzione…
Credi che il digitale possa rappresentare una possibile ‘soluzione’ alla crisi editoriale italiana?
La verità è che ormai il concetto di crisi è riduttivo e addirittura ‘rassicurante’ per alcuni, perché nasconde tentativi editoriali velleitari e raffazzonati: mancanza di prospettiva, insipienza, spreco di denaro pubblico, ecc. Più che una ‘soluzione’ il digitale è certamente una risposta alla crisi, la soluzione è un’altra ma non te la dico…
Che peso ha l’editoria digitale per le case editrici indipendenti?
Non mi limiterei ad associare l’editoria digitale a quella ‘indipendente’. In generale, l’editoria digitale offre la leggerezza del supporto alla progettualità culturale, cosa del tutto nuova fatte le dovute eccezioni. Molti editori infatti – anche non ‘indipendenti’ – stampano libri che ‘muoiono’ in magazzino… libri che non hanno bisogno di essere venduti. Dunque, una cosa è certa: l’editoria di settore in Italia, secondo i modelli a cui siamo abituati, non funziona. Ma confidiamo (e molto) nel futuro.
Schimmelpfennig va in Visita al padre
Si recupera il primo titolo uscito nella collana di drammaturgia I testi della Cue Press di Mattia Visani: Visita al padre del drammaturgo tedesco Roland Schimmelpfennig. Tra gli ultimi numeri ci sono Totò e Vicé del compianto Franco Scaldati e La donna che legge di Renato Gabrielli, quest’ultimo attualmente fino all’8 febbraio in scena al Teatro Out Off di Milano. Al di là di ogni intento recensorio del magnifico Visita al padre di Schimmelpfennig, già inviato di frontiera a Istanbul prima di diventare cantore di una generazione europea che non si relaziona più con i genitori, la collana della Cue, edita in ebook e in print on demand, dà la stura ad alcuni fenomeni editoriali che porteranno una rivoluzione nel concetto di vendita e confezione di libro. Per ora tale fenomeno è confinato in zone limitrofe e di genere della grande distribuzione. Non a caso di tutto ciò si discuterà il prossimo 3 febbraio presso la Scuola Civica P. Grassi di Milano nel convegno e-dramatic theatre. Drammaturgia contemporanea e editoria digitale.
La donna che legge. Renato Gabrielli alla ricerca di un’inutile salvezza
È stata una prima molto applaudita e affollata quella de La donna che legge al Teatro Out Off di Milano. Una scrittura sofisticata, quella di Renato Gabrielli, che arriva da due suggestioni letterarie molto diverse fra loro: l’Ulisse di James Joyce, in particolare il capitolo Nausicaa, e il saggio di Francesca Serra Le brave ragazze non leggono romanzi. Da lì Gabrielli è partito per costruire la storia di un triangolo amoroso in cui eros, thanatos e voyeurismo si intrecciano e si intersecano con un raffinato gioco di dissolvenze.
La vicenda, ambientata ai nostri giorni in una città di provincia italiana bagnata dal mare, scaturisce dalle pulsioni e perversioni di un uomo maturo, Mirco, che, dotato di «talento senza vocazione per l’attività forense e di vocazione senza talento per l’attività poetica», abbandonata la toga per dedicarsi alla professione di poeta dilettante, si invaghisce di Giada, una ragazza incontrata durante una delle sue quotidiane passeggiate sulla spiaggia, e osservata intenta a leggere.
Mirco sente il bisogno di continuare a osservarla, di indovinarne pensieri e desideri mentre è assorta nella lettura. Un bisogno così urgente da essere disposto a sacrificare i risparmi di una vita per poterlo soddisfare. Per mettersi in contatto con la ragazza e avanzare la proposta economica (denaro in cambio del diritto di osservarla un’ora al giorno, in spiaggia, intenta a leggere) si serve della mediazione di Federica, la donna con cui anni prima ha avuto un’importante relazione, e che è ancora innamorata di lui.
Tre individui, insomma, «alla continua ricerca dell’altro per la propria sopravvivenza», come scrive Lorenzo Loris nelle note di regia. Giada, l’oggetto del desiderio voyeuristico di Mirco, accetta la proposta, perché sogna di lasciare la provincia, di scappare da un paese sonnolento e moribondo, e dalla prospettiva di una tranquilla e asfissiante vita coniugale.
Il testo propone incursioni nei territori dell’angoscia, dell’insofferenza, dell’amore incondizionato che sopravvive alla morte. Federica continuerà infatti ad amare Mirco e a proteggerlo da sé stesso, anche se inutilmente. Lui riuscirà a realizzare il proprio desiderio di non esistere e di ritrovare una sorta di ‘pace’ incontrando la morte dopo pochi mesi dai suoi ultimi contatti con Giada. Lei, infine, dopo un anno passato in Irlanda, finirà con lo sposare un ricco imprenditore della città di provincia in cui è nata e cresciuta, da cui ha tentato la fuga, e da cui verrà infine inghiottita.
La drammaturgia raffinata e coraggiosa di Renato Gabrielli riesce a scandagliare l’Italia contemporanea e a indagarne tendenze meno affrontate, come il nichilismo latente del protagonista, raccontando sì l’insofferenza di una generazione, ma fuori dai soliti cliché dei giovani senza lavoro e senza speranza, e rinunciando in maniera netta a un qualsivoglia lieto fine.
La regia di Loris riesce a tradurre in scena il meccanismo delicato del copione: gli attori entrano ed escono dai propri personaggi, alternando i punti di vista nella narrazione con un’ottima capacità di sintesi, puntando sull’essenzialità della scena: un tavolo e poche sedie azzurre a richiamare un mare che, vista la situazione dei personaggi e quella più generale della nostra società, pare più realisticamente rivelarsi come una palude.
Ottime le interpretazioni dei tre protagonisti. Istrionico Massimiliano Speziani, capace di rendere tutte le sfumature psicologiche del personaggio con un perfetto uso del corpo. Cinzia Spanò, nei panni di Federica, mostra di avere buoni tempi comici e un’aderenza perfetta al ruolo di donna in carriera, all’apparenza fredda ma in realtà profondamente innamorata. Infine Alessia Giangiuliani, nel ruolo di Giada, realizza un ritratto fresco e realistico dell’insofferenza giovanile.
Lo spettacolo sarà in scena a Milano fino all’8 febbraio. E in parallelo, per tutto il periodo, sarà anche possibile acquistare il testo di Gabrielli, appena pubblicato dalla casa editrice digitale Cue Press, a soli euro 2,40 insieme al biglietto dello spettacolo.
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Siamo asini o pedanti?
Probabilmente programmato da tempo ma, per una di quelle casuali coincidenze o interferenze del destino che, anche loro malgrado, assumono il significato di una testimonianza feconda, esce per l’editore Cue Press di Imola, quasi contestualmente alla morte di uno dei protagonisti di quella stagione, questo testo di fine anni Ottanta del secolo scorso, una delle drammaturgie di ‘snodo’ del percorso del Teatro delle Albe di Ravenna, diventato con il tempo uno dei suoi simboli.
Un testo che ha esordito nel 1989, anno topico di una rottura nella storia del mondo o addirittura, secondo qualcuno, della fine della storia stessa, ma capace di una straordinaria e paradossale attualità che ha le sue radici essenziali nella capacità profetica del Teatro delle Albe, in grado di vedere nel presente di allora il suo oltre di oggi, mai però in termini di apodittica affermazione ma in termini di dubbio che scava e smaschera, che accende e alimenta il motore della vera conoscenza che tutto sospende, soprattutto la finta sapienza. Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonno, e i loro primi amici senegalesi, partendo da storie diverse se ne erano fatti portatori dando vita allora a questo eterodosso organismo teatrale che è giunto sin qui mutando sempre senza mai cambiare.
Eretici e comunque dubbiosi sempre, amici di Giordano Bruno e Philip K. Dick e nemici di chi rifiuta di specchiarsi nel diverso da sé, cioè nel doppio che inevitabilmente lo accompagna. Come lascia intendere l’interessante prefazione di Oliviero Ponte di Pino, che correda il volume, un testo politico e dunque polittico (con due t) ovvero politttttttico (con sette t) in quanto riporta la politica alla sua vera natura che è lo stare dentro (e non sopra) e il vedere oltre. Palestra di recitazione e conoscenza per Ermanna, momento di ribaltamento per la scrittura polisegnica di Marco, è un testo con molti padri e soprattutto moltissimi figli, già arrivati o attesi.
Una ‘farsa filosofica’ infine che non adatta o adotta l’attualità, ma a cui l’attualità, anche quella più tragicamente vicina, si adatta per essere meglio compresa.
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Cue Press, l’editoria digitale è un business da primo premio
I migliori per sostenibilità del progetto, carattere innovativo e fattibilità. Così Cue Press si aggiudica il premio Impresa Creativa, il concorso orientato a sviluppare e favorire la nascita di startup. Tra le dieci idee imprenditoriali selezionate al termine di un percorso formativo di sviluppo, il progetto imolese pensato da Mattia Visani è stato selezionato fra i tre modelli di business più innovativi, ottenendo il premio di cinquemila euro. Di Cue Press si è già parlato. Cue in inglese significa «battuta d’entrata, attacco, suggerimento, imbeccata». E come tale entra nel mondo dell’editoria teatrale cercando di sconvolgerla.
Nasce alla fine del 2012. Visani, ultimo autore della Ubulibri di Franco Quadri, la fonda prima come associazione culturale, per mutarla poi nella prima casa editrice digitale italiana interamente dedicata alle arti dello spettacolo. Di recente ha inaugurato il sito internet www.cuepress.com, che vede impegnati una decina di collaboratori. Spiega Visani: «Più che un progetto avviato, possiamo dire che è operativo, speriamo di trovare sul territorio un terreno fertile per avviarlo nella maniera e nelle dimensioni che ci aspettiamo».
L’auspicio poggia sui riscontri più che positivi ottenuti fin dai primi momenti, con il riconoscimento del Premio Hystrio Anct (Associazione nazionale critici di teatro) che ha portato l’idea in finale, e la prima pubblicazione in Italia di Visita al padre di Roland Schimmelpfennig a concorrere al Premio Ubu come migliore novità straniera. Libri digitali, ebook e formati cartacei on demand, con distribuzione in 50 paesi. Sono queste le prospettive che hanno sbaragliato un settore di nicchia, vale a dire quello dell’editoria dedicata alle arti e allo spettacolo che, spiega Visani, «soffriva di un grande vuoto che noi abbiamo cercato di colmare». Come? «Sulla base delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli editoriali, consci del fatto che i vecchi sistemi di settore non funzionavano più».
Colpa anche del sistema stesso, sostiene l’editore, se si è arrivati a un punto di collasso: «Era troppo forte il legame con modelli stantii e lontani dalle nuove forme. Che si è sommato a una crisi distributiva, economica e di idee».
Sostiene convinto Visani: «Noi almeno la crisi di idee possiamo tentare di colmarla».
Anticipa quindi le prossime: «Ci muoveremo anche verso il cinema e la musicologia. Siamo i primi in Italia ad applicare nuovi modelli editoriali legati a nuove tecnologie a un’editoria di settore. Naturalmente ci rivolgiamo in prima battuta al teatro perché il mio percorso è nato in questa disciplina».
Così come la distribuzione, che nel progetto di Cue Press ha in serbo importanti novità, sulle quali però Visani mantiene il più stretto riserbo. «Sono canali di vendita assolutamente nuovi, forse saremo i primi in Europa, coinvolgendo anche grandi teatri».
Infine: «Ci muoveremo anche su testi multilingue».
Ormai superato il libro, inteso come oggetto. Benvenuti – se ancora non ve ne foste accorti – nell’era digitale, e al libro come ‘pro-getto’, per raggiungere il lettore alla velocità di un clic.
Premio Impresa Creativa
Cue Press ha vinto il Premio Impresa Creativa 2014, un concorso promosso dalle province di Rimini e Forlì-Cesena per premiare le migliori iniziative imprenditoriali nel settore creativo.
Il premio riconosce Cue Press come il miglior progetto d’impresa dell’anno, evidenziando il valore innovativo e culturale della sua proposta editoriale.
Questo riconoscimento sottolinea l’impegno della casa editrice nel combinare creatività e tecnologia, offrendo contenuti di qualità nel campo delle arti dello spettacolo e sviluppando soluzioni editoriali all’avanguardia, come la piattaforma digitale per la pubblicazione di eBook e libri print on demand.
Il Premio Impresa Creativa testimonia il successo del progetto e il suo impatto positivo sul territorio, rafforzando la posizione di Cue Press come punto di riferimento nel panorama dell’editoria digitale.
