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Approfondimenti, interviste, recensioni e cultura: il meglio dell’editoria e delle arti da leggere, guardare e ascoltare.

Pim off
1 Gennaio 2016

Pim, quando il successo è essere off

Diego Vincenti, «Hystrio», XXIX-1

La storia di un’anomalia. Di un esperimento in grado di divenire realtà solida, per certi aspetti seminale. Si sa, i compleanni sono il pretesto per fare i conti con sé stessi. Per tracciare bilanci. O forse semplicemente per festeggiarsi. La pubblicazione di Pim Off è un po’ tutto questo, all’interno di un volume ibrido dove, a fianco di saggi dallo spessore accademico, si ritrovano testimonianze di pancia; dove ci si lascia divertire dagli aneddoti, prima di soffermarsi sulle opinioni.

Un mosaico di firme e ispirazioni quello voluto dall’‘hystrionico’ Roberto Rizzente, affiancato dalla ex editor della Ubulibri Antonella Cagali. Nel tentativo di uscire dalla stretta apologia cronologica, approfondendo una serie di tematiche che hanno fatto la storia del Pim Off ma che molto appartengono all’identità di Milano. Prima fra tutte il rapporto fra cultura e periferia, bene analizzato anche nei suoi sviluppi storici dal saggio di Bruno Milone.

Il Pim (all’epoca senza Off) nasce infatti dalla lungimiranza di un mecenate, che crea un teatro ‘internazionale’ prima in via Tertulliano, poi nella più ampia sede di via Selvanesco, periferia della periferia. Un rapporto non facile. Ma è un aspetto fondante di questo (non) teatro a cui dà vita Maria Pietroleonardo nel 2005, facendo convivere prosa, performance, letteratura, danza, musica (il jazz, ma non solo). La sensazione è che una delle caratteristiche di questi dieci anni sia stata la capacità del Pim Off di essere all’interno dello spirito del tempo. E della città. Pur nell’anomalia di una struttura che poggia su un curioso caso di mecenatismo da Terzo Millennio. Un legame con la Milano capitale italiana dello spettacolo che sottolinea anche Salvatore Carrubba nella sua prefazione.

Il resto è poi affidato a saggi, testimonianze, a una breve sezione fotografica, ai tanti ricordi che si prestano alla mitologia: dalla fantascientifica toilette giapponese a un Franco Quadri coinvolto in una notturna pasta e cozze. Interessanti le interviste ai quattro direttori artistici che si sono succeduti: Massimo Bologna e l’idea del Pim Casa di Cultura, Edoardo Favetti, Barbara Toma, la stessa Pietroleonardo. Per un presente ancora da scrivere.

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31 Dicembre 2015

Per un teatro vivente

Massimo Marino, «Doppiozero»

Procede per tesi, Marco Martinelli, intrecciando una spirale di 101 argomenti rivolti come riflessioni al lettore con un piglio fortemente discorsivo, quasi dialogico. D’altra parte l’idea di teatro (e di società) che traspare da questo scritto è proprio quella di una relazione costante, che abbandoni ogni narcisismo, ogni esibizionismo cui spinge la società dello spettacolo, e vada a esplorare la relazione elementare, essenziale, vivente tra un io e un tu. Per Martinelli non è importante la messa in scena, quanto la messa in vita: il teatro ha senso solo quando è «vivo, vivente, che il cuore gli batte», come luogo «dell’Invisibile, della Rivelazione, dell’Accadimento», luogo, ancora, «del Visibile, del Tangibile, del Corpo, che sente, sensuale». Luogo «dove la gioia balbetta sopra le macerie, dove gli assetati trovano da bere, gli affamati pane per i loro denti, dove i miracoli sono ancora possibili». Luogo di desiderio, di comunione, di rivelazione, di scambio, di affratellamento. Modello di resistenza (o resilienza) per una società sempre più individualistica. Piccola area liberata, zona della ‘buona notizia’, pratica evangelica sia per chi creda nel divino sia per chi confidi solo nell’umano, luogo francescano o di quelle comunità anarchiche che non mettono le bombe, che hanno terrore del terrore. Gli argomenti iniziano tutti con la lettera minuscola, a segnare un flusso discorsivo in continuo sviluppo, in eruzione: «Il teatro come luogo del Necessario e dell’Utile. Come un ago per cucire» (tesi 9) e «il teatro come luogo dell’Inutile, del Gratuito. Gratis et amore dei. Come una preghiera» (tesi 10). Il teatro come luogo dove deve germogliare vita nuova, attraverso l’incontro, attraverso l’invenzione di una comunità sulle macerie devastanti dell’individualismo, del cinismo, dell’isolamento contemporaneo. Il teatro come luogo di ricerca della verità attraverso l’esplorazione degli opposti, per quell’opus alchemicum che è più dell’opera, è un processo per salti, per invenzioni, per folgorazioni e cortocircuiti, capace di svelare nuova vita e nuova bellezza dai rottami dei materiali più vili.

A Martinelli interessa la polis, un teatro della polis, da inventare. Un teatro che sia coro, materia sacra, viva, nell’epoca dell’assenza, della mancanza, della distanza mediatica, della disgregazione di ogni idea stessa di comunità. Il teatro si fa luogo attraverso l’incontro, in scena, fuori della scena, tra artisti e spettatori (senza trascurare gli altri mestieri del teatro), contrapponendosi ai ‘non luoghi’ della nostra società. È incontro, scavo, invenzione. È luogo di grazia, dove trovare una grazia, non per meriti acquisiti e neppure per testarda applicazione, ma per improvvisa conquista (il mistero dell’arte!). E qui rifulge un altro lato teologico, rigorista nella sua gioiosità, di una teologia che si allontana dalla semplice giustificazione attraverso le opere. Scrive Martinelli: «Parlo del teatro come luogo del lampo non trasmissibile. Bastasse faticare! E invece no: tutto il tuo faticare non sarà mai sufficiente a raggiungere la grazia».

Qui grazia è giocato, credo, in modo apertamente ambiguo, tra levità e bellezza della forma artistica e illuminazione derivante del favore divino, come coscienza – in una personalità che ha fatto della pedagogia uno dei suoi principali strumenti di innovazione – del mistero del caso, dell’illuminazione, della creazione (e della vita). D’altra parte Martinelli intesse questa sua riflessione teatrale continuamente di spunti che si misurano con una dimensione apertamente, largamente, religiosa della vita: dall’idea di legame a quella di spirale, a quella professione del coraggio di sostenere la bontà, senza paura di essere accusati di buonismo.

L’idea della spirale è fondante, perché sostanzia le riflessioni della carne dell’esperienza. Si parte dall’Io, non isolato, che diventa due e poi molti, allargandosi in cerchi sempre più ampi. In questa figurazione parla la storia stessa, concreta, delle Albe: iniziata quando ancora il gruppo non aveva questo nome dalla fuga d’amore e matrimonio dei ventenni Marco Martinelli ed Ermanna Montanari; nutrita dal fuoco del fare teatro, senza scuole, eleggendosi i propri maestri in un cammino di pratiche personali. I due diventano Albe nel 1983 con Luigi Dadina e Marcella Nonni, per allargarsi poi ad altri compagni di arte, i senegalesi della Romagna Africana e altri meticciati, gli adolescenti della non-scuola, una pedagogia intinta di vita contro ogni pedanteria. Alcuni di quegli adolescenti poi vengono inseriti in compagnia, e la non-scuola germina volute sempre più larghe con l’invenzione corale con giovani e giovanissimi in molti luoghi di Italia e del mondo, a Scampia come a Chicago, in Senegal come a Milano, fino a Eresia della felicità, cori di centinaia di ragazzi alle prese con i versi dell’utopia rivoluzionaria di Majakovskij da Santarcangelo 2011 a Milano 2015.

Questo è il teatro per Martinelli: messa in vita, che si sostanzia di pratiche attraversate in un errare teatrale continuo (nei due sensi di viaggiare e sbagliare e riassestare il campo), con riferimenti a maestri di utopia come il teatro greco, quello comunitario medievale, quello della rivoluzione russa, quello dei tanti, diversi maestri (Jerzy Grotowski, Eugenio Barba, Carmelo Bene, Arianne Mnouchkine, Leo de Berardinis…). Teatro come spirali di vita. Come domande alla società, perché se essa ritiene il teatro un intrattenimento in via di estinzione è solo perché il teatro stesso non sa dire nessuna parola capace di parlare alla nostra società, non ha (generalmente) più un linguaggio, un interlocutore, una capacità di scavare e rovesciare il reale.

Il punto di partenza però è inscritto dentro di noi, in un vibrare che nasce dal corpo, un qualcosa che chiede di germogliare, di farsi luogo. E questo libretto è anche la storia di un artista che con i suoi compagni ha lavorato per inventare il proprio teatro, basandosi sempre sulla curiosità per il mondo e sulla ricerca dell’altro, alimentando la concorrenza, ossia dando spazio ad altri teatranti, anche con visioni molto diverse. Quando il comune di Ravenna agli inizi degli anni Novanta chiamò le Albe a gestire i teatri della città sotto la sigla Ravenna Teatro, loro trasformarono la programmazione in un’azione duratura di coltura teatrale, con la consapevolezza che vita e arte non si possono scindere. E che bisogna lottare, contro narcisismo e corruzione, in una visione che non guarda al successo ma alla capacità di creare legami, di trasmettere e di lasciarsi sorprendere dalle nuove energie prorompenti. E così il libello teatrale diventa una lettura per tutti quelli che chiedono ai nostri tempi il rigore sfavillante di un’utopia imbevuta di concretezza, di una ricerca profonda di sé che diventa apertura, avventura sociale, invenzione comunitaria.

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16 Dicembre 2015

Cue Press, la ribalta digitale del teatro

Nicola Arrigoni, «Pac – Magazine di Arte e Cultura»

Sta portando avanti una piccola e grande rivoluzione, sta cambiando l’editoria teatrale divisa fra l’urgenza dell’attualità e la possibilità di dare corpo a instant book che leghino pagina scritta e spettacolo, ma anche con un’attenzione alla memoria, che in campo editoriale vuol dire rimettere in circolo libri ormai introvabili. Sembra essere questa in estrema sintesi la ‘rivoluzione’ che sta portando avanti la casa editrice Cue Press di Mattia Visani, autore della UbuLibri di Franco Quadri che ha deciso di dare vita alla prima casa editrice digitale dedicata alle arti dello spettacolo. Quest’intuizione si sta rivelando feconda, intuizione che Visani definisce come: «Un laboratorio di idee per costruire modelli nuovi per l’editoria e moderne modalità di produzione culturale. A fronte di una materialità che va assottigliandosi sempre di più, non pensiamo il libro come ‘oggetto’ ma come ‘progetto’. Sfruttando l’agilità del digitale, proponiamo il meglio della produzione viva di settore, in vista di un pubblico che esiste ed è reattivo, ma non raggiunto – e forse non più raggiungibile – dai metodi dell’editoria tradizionale».

In questo senso Cue Press rappresenta un’autentica novità. E allora accade che mentre al Carcano è in scena Due donne che ballano di Josep Maria Beneti Jomet con Maria Paiato, Arianna Scommegna dirette da Veronica Cruciani sia possibile avere da subito un confronto diretto con il testo dell’autore catalano, la storia intensa, vera, dura del rapporto fra due donne: un’anziana signora e la sua badante. Ma la stessa cosa è accaduta con Sweet Home Europa di Davide Carnevali, uscito mentre a Roma faceva discutere l’allestimento firmato da Fabrizio Arcuri e realizzato dall’Accademia degli Artefatti. È questa una tattica inaugurata con Visita al padre di Roland Schimmelpfenning, uscito in contemporanea con l’allestimento prodotto dal Piccolo Teatro di Milano e diretto da Carmelo Rifici nel gennaio 2014. Tutto ciò per dire che con Due donne che ballano – fresco fresco di ‘stampa’ si fa per dire – Cue Press intende dare un supporto concreto e facilmente accessibile: sia per il mezzo ebook, formato pdf e versione stampata on demand alla drammaturgia in scena, finendo con affiancarsi alla vita stessa degli allestimenti e con prezzi di copertina abbordabili, meno di un libretto di sala, osserverebbero coloro che ricordano come i programmi di sala in alcuni casi fossero, un tempo, pubblicazioni degne di essere conservate. E sempre per rimanere nella più stretta attualità non si può non citare l’uscita del volume di Lino Musella e Paolo Mazzarelli, Strategie fatali, «ovvero tre storie che si intrecciano, sette attori, sedici personaggi, riuniti in un’unica multiforme indagine, all’interno di un’unica cornice, quella di un teatro. A scontrarsi sono le ‘strategie’ del presente (il terrore, la pornografia, la comunicazione mediatica) con alcune questioni eterne ed esistenziali (la presenza del male, l’illusione e la realtà del vivere, ancora il Teatro). L’opera è liberamente ispirata a Otello di Shakespeare e a Les strategies fatales di Jean Baudrillard», si legge nelle note di accompagnamento al volume. E il libro arriva a poche settimane di distanza dal riconoscimento assegnato dal trimestrale Hystrio a Lino Musella, nell’ambito dei Premi Anct 2015; ancora una volta un motivo di cronaca che rende tempestiva e mirata l’azione editoriale di Cue Press.

E fin dalla sua fondazione Cue Press e Mattia Visani hanno mostrato di avere le idee chiare e di intuire con determinatezza le potenzialità del digitale. «Cue Press nasce, infatti, con la decisa intenzione di sfruttare l’agilità e l’economia del digitale per permettere il recupero di testi fondamentali non più disponibili, rilanciandoli sulla base delle nuove economie offerte dal digitale — continua Mattia Visani. Il progetto di recupero andrà di pari passo con la proposta di novità di altrettanto valore, in vista di un pubblico che esiste ed è reattivo, ma non è più raggiunto — e forse raggiungibile — dai metodi dell’editoria tradizionale. L’intento è quello di coniugare il contributo e la memoria di artisti e studiosi di assoluto rilievo, garantendo un’altissima qualità del prodotto e il massimo dell’offerta tecnologica. Il progetto è orientato alla scalabilità, in termini economici, e alla riproducibilità verso rami del sapere sempre nuovi». Con questa consapevolezza Cue Press sta portando aventi un’azione di politica editoriale e comunicativa che al fianco dei testi di Tindaro Granata raccolti nel volume Familiae, propone – anche questa una novità fresca di clic – I mille volti di Salomè di Cesare Molinari in cui lo storico del teatro ripercorre e analizza il mito di Salomè, il primo spogliarello della storia inventato niente meno che dai Padri della Chiesa e che nel corso di due millenni ha vissuto storie diverse, diventando simbolo di valori anche contraddittori: devozione filiale, intrigo politico e perfino fede cristiana. Il libro ripercorre la tappe di questa ‘danza’ attraverso i secoli, ne ripercorre i volti: cento inserti illustrati e più di trecento opere citate, tra quadri, affreschi, incisioni, disegni, fotografie, film e spettacoli. Il volume di Cesare Molinari è l’ultimo di una serie di saggi che la casa editrice ha proposto fin dalla sua nascita come i volumi La Calandria di Franco Ruffini, piuttosto che La Parola Alta di Paolo Puppa dedicato al teatro di D’Annunzio e di Pirandello, o al saggio di Nicola Savarese, Teatri romani, solo per fare qualche titolo.

Nell’immediatezza dell’editare, nella possibilità di ovviare a diversi formati editoriali con il cartaceo come lusso, Cue Press si offre come ‘ribalta digitale’ delle arti performative con un’attenzione non scontata alla saggistica e alla volontà – diritti editoriali permettendo – di recuperare la memoria della saggistica teatrale, di recuperare una riflessione sulle arti performative legate ad autori e ricerche dell’accademia italiana, ma che per autorevolezza e intuito hanno felicemente superato le mura dell’università per farsi patrimonio comune, un patrimonio di idee e parole che spesso risulta difficilmente reperibile e che Cue Press – complice la rivoluzione digitale e la sua liquida accessibilità – mette in circolo. In questo senso l’azione editoriale inventata da Visani si fa non semplice prodotto editoriale, ma opportunità per diffondere online idee, punti di vista, provocazioni come quelle sempre intelligenti e dotte di Marco Martinelli che firma Farsi luogo ovvero 101 varchi per entrare nel teatro, per andare a toccare le verità sondabili e illuminanti che stanno dietro l’arte della scena e dell’attore: nella consapevolezza che come scrive Martinelli: «Che la vita e l’arte non sono separabili, mai: che la ferita inferta a un essere umano è come sfregiare la Cappella Sistina. Non è questione di galateo e buone maniere. È il punto, il punto infuocato dentro di noi!»

Proprio le parole scritte ma evocate all’oralità di Martinelli – che con Farsi luogo compone un poemetto in prosa di idee e vite teatrali – aiutano a ben inquadrare lo spirito che muove la ribalta digitale di Cue Press, ovvero ‘farsi luogo’ per costruire uno spazio di riflessione, documentazione, circolazione di idee legate alle arti performative: teatro e danza che nell’epoca della riproduzione seriale, della comunicazione sempre mediata sono spazi e tempi del confronto diretto fra corpi e anime che si incontrano. E non è poca cosa.

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14 Dicembre 2015

Cue Press, il teatro in ebook e su carta

Anna Bandettini, «la Repubblica»

Le case editrici di spettacolo sono rare ma tenaci. Basterebbe citare la Ubulibri di Franco Quadri che ha resistito indomita fino alla morte del suo fondatore e che ci ha fatto conoscere i migliori testi della drammaturgia contemporanea. Oppure la Casa Usher con il grande lavoro che sta compiendo su Grotowski con tutti gli scritti del maestro polacco tradotti e a cura di Carla Pollastrelli.

Si distingue ora la Cue Press per lo sguardo lungo in avanti, ma anche l’interesse storico dei suoi titoli e per la velocità di azione, perché Cue pubblica sia in digitale che su carta a scelta del lettore. La dirige Mattia Visani, cresciuto al Teatro Stabile di Torino come attore e regista.

Tra i libri della Cue io ho molto amato la ristampa di Teatri romani di Nicola Savarese che ci fa sentire e conoscere ‘da vicino’ le forme di spettacolo antiche, e in particolare quelle forme da cui ebbe origine il teatro inteso come esibizione ludica più che come rito legato alla religione e/o alla polis. Il libro di Savarese si inserisce in un catalogo già ricco di studi storici importanti. Tra gli autori: Fabrizio Cruciani, Eugenia Casini Ropa, Marco De Marinis, Clelia Falletti, Raimondo Guarino, Gerardo Guccini,Fausto Malcovati, Lorenzo Mango, Laura Mariani, Ferruccio Marotti, Claudio Meldolesi, Cesare Molinari, Franco Ruffini, Mirella Schino, Ferdinando Taviani, Alessandro Tinterri, Ludovico Zorzi.

Tra le pubblicazioni più recenti: Familiae con tre testi di Tindaro Granata, Antropolaroid, Invidiatemi come io ho invidiato voi, Geppetto e Geppetto, quest’ultimo destinato a diventare il nuovo spettacolo dell’attore/autore siciliano. Così viene presentato il testo: «1 papà + 1 papà = un figlio?: ovvero, il sogno di avere un figlio da parte di una coppia di omosessuali, messo a duro confronto con lo sguardo degli altri e di una società condizionata e impaurita dalla sfida grande che comporta l’amare». Il testo è curato da Damiano Pignedoli, con una postfazione di Carmelo Rifici.

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30 Novembre 2015

Premi Ubu

Segnalazione come Progetto Speciale

Nella cornice del Piccolo Teatro Grassi di Milano, Cue Press è finalista ai Premi Ubu 2015 nella categoria Progetto Speciale, un riconoscimento che celebra l’innovazione e l’eccellenza nel panorama teatrale italiano.

I Premi Ubu, istituiti nel 1978, sono considerati tra i più prestigiosi del settore e vengono assegnati a progetti e personalità che si distinguono per originalità, qualità e impatto nella scena culturale.

Cue Press è stata la prima casa editrice a ricevere una segnalazione in questa storica edizione del premio, un traguardo che testimonia il valore della sua proposta editoriale, focalizzata sulle arti dello spettacolo e sull’innovazione digitale.

Questo riconoscimento sottolinea l’impegno della casa editrice nell’offrire un’alternativa culturale di qualità, con una particolare attenzione alla fruizione digitale delle opere teatrali e alla diffusione di contenuti di valore nel settore delle performing arts.

Strategiefatali
25 Novembre 2015

La danza degli opposti nelle Strategie fatali

Adriana Malandrino, «Il Messaggero»

Una coppia di attori, autori, registi tra le più promettenti del teatro italiano, Lino Musella (vincitore del Premio Hystrio Anct 2015) e Paolo Mazzarelli, da stasera a domenica, sono al Teatro Sperimentale con il loro nuovo spettacolo, Strategie fatali, prodotto da Marche Teatro. Dopo La società (2012), la coppia torna a lavorare con il teatro marchigiano e lo fa curando, come sempre, testo e regia, senza rinunciare alla scena. Una scrittura mai scontata per uno spettacolo «molto rock, che a starci dentro toglie il fiato e ti fa sentire di essere davanti a una roba importante» come sintetizzato con entusiasmo dall’attore Fabio Monti in conferenza stampa. 7 in scena, tra i quali le anconetane Laura Graziosi e Giulia Salvarani, per 16 personaggi da copione e addirittura 21 contando quelli evocati. Si parla di porno, di fantasmi, di terrore e anche e soprattutto di teatro, attraverso tre storie partorite in due anni, che si intrecciano e si trasformano, che stupiscono e che tirano in ballo anche l’Otello di Shakespeare.

Racconta Musella, la cui sola voce è già teatro: «Ci siamo chiesti cosa fosse il teatro e non abbiamo trovato risposte. E quando non ci sono risposte, si danza. Bene, questo spettacolo è una danza tra le opposizioni».

Tre storie che ‘collassano’ una sull’altra, al limite tra comico e tragico, che partono da Jean Baudrillard ma subito se ne allontanano, con personaggi che mutano il loro punto di vista, che diventano altro da quello che rappresentano e che producono, nel pubblico, ‘slittamento percettivo’, come ricordato dalla direttrice di Marche Teatro, Velia Papa. Una rappresentazione che indaga anche il maligno «sul confine in cui la vita e il teatro si toccano fra loro e, insieme, prendono aria, fuoco, luce». C’è fermento per questo debutto, perché qui c’è il meglio del teatro di oggi, perché Ancona si riconferma città che produce, perché questo è il primo copione della compagnia Musella-Mazzarelli che verrà pubblicato dalla casa editrice Cue Press, unica casa editrice interamente dedicata alle arti dello spettacolo che edita libri cartacei e digitali. Chiarisce l’editore Mattia Visani: «Con un catalogo che annovera i migliori testi di teatro, non potevamo rinunciare a questo».

In scena, oltre a Musella e Mazzarelli, anche Marco Foschi, Fabio Monti, Laura Graziosi, Astrid Casali, Giulia Salvarani, assistente alla regia è Dario Iubatti, i costumi sono di Stefania Cempini, sound design e musiche originali di Luca Canciello. E dopo Ancona, Strategie fatali a Napoli, Firenze, Matera e Potenza.

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22 Novembre 2015

Una sera con Salomè, tra carta e palcoscenico

Alessia Stefanini, «Smart in the City»

La scenografia è già pronta: i tendaggi, la luna, sono in posizione, ma sul palcoscenico – ancor prima della rappresentazione – va in scena la presentazione del sostanzioso saggio di Cesare Molinari, storico del teatro e professore emerito che ha insegnato a Firenze, Toronto, Parigi, Santiago del Cile dedicato a I mille volti di Salomè. Come recita l’apertura del volume, il libro nasce dalla stretta collaborazione dell’autore con Mattia Visani, il giovane editore di Cue Press (da to cue, dare la battuta d’ingresso). È una giovane casa editrice che punta sulle nuove tecnologie per conservare la memoria del teatro attraverso testi altrimenti impossibili da consultare e per rilanciarne la vitalità culturale. Un progetto innovativo nell’ambito dell’editoria che tiene insieme il cartaceo tradizionale e soprattutto il recupero in ebook di titoli non più disponibili o di difficile reperibilità, mettendo al tempo stesso in catalogo nuove opere di autori e studiosi di primo piano.

Questo volume ne è un esempio: la ricerca iconografica già ricchissima sul cartaceo – che si presenta con una veste grafica accurata, accessibile e qualitativamente impeccabile – è ulteriormente valorizzata nell’ebook, che consente la visione di tutte le opere citate nel testo, e ottimizza ogni possibile ricerca in rete.

Salomè (che significa pacificatrice) è un archetipo che attraversa tutta la complessa vicenda del femminile con significati diversi e contrastanti via via che il personaggio appare e scompare nel corso dei secoli, dai Vangeli a Strauss, dai Padri della Chiesa a Oscar Wilde, fino a Carmelo Bene. Musa di tutte le arti (danza, pittura, scultura, cinema, teatro, musica) appare e scompare nell’incertezza dell’età, della parentela, delle intenzioni. La sua figura è alternativamente donna e bambina, madre o figlia, vendicatrice o amante, famme fatale o salvatrice. Tanti sono gli occhi che l’hanno guardata forse senza vederla, come nel disperato rimprovero che rivolge alla testa del Battista nell’opera tra le più note che le sono state dedicate: la Salomè di Oscar Wilde, andata in scena subito dopo la presentazione del libro.

Salomè al maschile

La Salomè di Oscar Wilde al Teatro Elfo Puccini è uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Il dramma teatrale del 1893 è stato scritto in francese dall’autore per l’attrice Sarah Bernhardt. Sarebbe stato poi tradotto ufficialmente in inglese dall’amico-amante di Wilde, Lord Alfred Douglas. Il dramma appare solo in parte come una riproposizione della nota vicenda biblica (Matteo, 14,3-11; Marco, 6, 17-28) modellato com’è sulle sofferenze dell’autore, alle prese con un dramma morale intimo e sociale insieme.

Per questa versione teatrale di Salomè, interpretata unicamente da uomini e ambientata nel baraccone di un luna park di periferia, Ferdinando Bruni e Francesco Frongia hanno riscritto l’opera originale intrecciando brani delle ultime opere di Wilde (in particolare dalla Ballata del carcere di Reading e De Profundis), interviste e dichiarazioni.

In uno spettacolo in cui le identità dei personaggi si moltiplicano, Ferdinando Bruni si cala inizialmente nei panni dello scrittore, incatenato in carcere (fu recluso dal 1895 al 1897), poi in quelli del profeta Iokanaan, prigioniero a sua volta, e infine di Erode, sedotto dalla giovane Salomè (Mauro Bernardi). Enzo Curcurù è Mavor Parker, un personaggio di fantasia che richiama due degli amanti di Wilde, il Giovane siriano ed Erodiade. Oltre gli eccessi di lustrini, paillettes e gioielli, i personaggi ritrovano la loro dimensione tragica anche grazie a supporti visivi di particolare intelligenza e suggestione e alla scelta delle musiche.

Ambivalenti sono i rapporti: l’amore-odio di Salomè per il Battista, l’incoffessato amore del giovane siriano, l’attrazione colpevole di Erode per la figlia della moglie, la complicità tra madre e figlia. È anche un incrociarsi di promesse tragicamente mantenute: «Bacerò la tua bocca» ripete ossessivamente Salomè al Profeta che le si nega: «Ti darò quello che vuoi» è l’impegno regale di Erode in cambio di una danza dal misero significato morale. Tutti ne verranno travolti: in primo luogo Salomè, che misura l’inconsistente voluttà di una bocca morta, mentre Erode assume la consapevolezza del potere mortifero delle sue donne.

Nel dramma di Wilde, Erode reagisce a tanta costrizione ordinando l’immediata esecuzione di Salomè («Uccidete quella donna»). Nella versione di Bruni e Frongia resta lì come un clown triste ad aspettare che i presagi si compiano.

Una nota particolare va ai contributi audiovisivi, raffinatissimi nella grafica e nelle citazioni e all’uso delle luci che rendono la figura di Salomè fredda e quasi incorporea nella sua luce blu, in contrasto con i colori caldi e chiassosi di Erode ed Erodiade.

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11 Settembre 2015

Nasce la prima impresa sostenuta dal fondo: è Cue Srl

Cristina degli Esposti, «Il Resto del Carlino»

Da associazione a Srl, questa la parabola dell’impresa che ‘non c’è’. La casa editrice digitale Cue Press, nata da un’idea dell’imolese Mattia Visani, è il primo progetto che verrà sostenuto dal Fondo Strategico Territoriale voluto da Con.Ami e nato a giugno con l’intenzione di superare l’esperienza dell’incubatore d’impresa Innovami. Fst – la Spa costituita da Con.Ami (75%), Fondazione Cassa di Risparmio di Imola (20%), Curti costruzioni meccaniche e Ifm (5%) – ha lo scopo di sostenere il passaggio delle startup a imprese. Come? Entrando direttamente nel capitale sociale delle nuove aziende, con un massimo del 30% delle quote e, una volta consolidata l’attività, uscirne rivendendo le quote al fondatore o ad altri, reinvestendo il capitale.

Spiega Stefano Manara, presidente di Con.Ami: «Dal lancio di Fts [1,5 milioni di euro di capitale sociale, N.d.R.] abbiamo redatto delle linee guida che, nei prossimi giorni, andremo a sottoporre alle associazioni di categoria. Ma soprattutto abbiamo iniziato a valutare i progetti che sono pervenuti».

In tutto 24 opportunità d’impresa già analizzate dal Fondo, ma solo otto sono risultate idonee per gli standard richiesti. Con cinque di queste il Fondo ha già stipulato un accordo, ma il primo che arriverà da un notaio, ai primi di ottobre, sarà il progetto di Mattia Visani. Puntualizza Manara: «Per il Fondo si tratta di un impegno pari a 40mila euro».

Ma qual è l’idea? Con la nascita di Cue srl, dove il 70% delle quote sarà detenuto da Visani e il 30% da Con.Ami, l’esperienza dell’associazione Cue Press diventerà mission d’impresa a tutti gli effetti, con tanto di sede legale in un ufficio in affitto in via Selice 84/a.

La casa editrice digitale, specializzata nelle arti dello spettacolo e che conta già una settantina di di titoli in catalogo, punta a diventare «un canale di distribuzione della cultura italiana nel mondo», racconta Visani, 35 anni, attore e autore teatrale.

«Per questo, con la Chia Lab di Bologna, stiamo sviluppando una piattaforma estremamente evoluta per l’editoria, ma non solo: oltre all’acquisto dei titoli della nostra casa editrice [libri elettronici in ogni formato o stampati su richiesta, N.d.R.] si potranno acquistare biglietti per teatri e spettacoli, e merchandising».

Cue Srl, che si avvarrà di diversi collaboratori, ha l’obiettivo di: «Recuperare il meglio di quanto prodotto in Italia, dai saggi di cinema e musicologia, ai copioni teatrali passando per i cataloghi d’arte e le graphic novel, tradotti in inglese e in altre lingue a seconda dei mercati di riferimento, ma con una politica dei prezzi accessibile».

Afferma Visani: «Testi che negli anni Ottanta si vendevano a 120mila lire noi li riproponiamo a 9 euro digitali e a 18-22 euro cartacei. Buona parte del nostro pubblico di riferimento, infatti, è quello universitario». Tra le ‘chicche’ anche le guide delle città da un punto di vista turistico-teatrale.

10 Settembre 2015

Premio Nico Garrone

Sostenuto dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro e da Radicandoli Arte

Il Premio Nico Garrone è un riconoscimento dedicato alla memoria di Nico Garrone, critico teatrale e giornalista italiano, noto per il suo impegno nella promozione del teatro e della cultura.

Il premio viene assegnato annualmente a figure o realtà che si distinguono per il contributo significativo al panorama teatrale italiano, con particolare attenzione ai valori di innovazione, impegno civile e sostenibilità artistica.

Il riconoscimento non si limita a premiare la qualità artistica, ma valorizza anche le pratiche che promuovono la crescita culturale, sociale e collettiva attraverso il teatro.

È diventato un punto di riferimento per riflettere sui valori fondamentali dell’arte scenica e sulla sua capacità di incidere nella società.

Ecco le motivazione di Anct – Associazione Nazionale Critici di Teatro, per il premio assegnato a Cue Press:

Cue vince il Premio Nico Garrone 2015, per aver intercettato con intelligenza e sensibilità il bisogno di innovazione dell’editoria teatrale, convertendola in formati ‘virtuali’ moderni.
Tale iniziativa ha permesso a libri preziosi – usciti ormai dai cataloghi sempre più divoranti e frettolosi del cartaceo – di tornare ‘in scena’, ovvero in lettura per appassionati e studenti.
Dai testi miliari di Appia e Craig alla solida saggistica di studiosi come Franco Ruffini e Nicola Savarese.
Percorsi e meditazioni di-su-e-intorno al teatro che si nutrono anche dell’oggi, con una scelta oculata di autori da (ri)scoprire, primo fra tutti lo spettinato e caustico argentino Rafael Spregelburd, la voce poetica e modulata di Elena Bucci, le Albe svelate da Martinelli e Montanari e quel Totò e Vicè di Franco Scaldati, paesaggio di ombre e di altrove che proprio qui a Radicondoli ebbe con Enzo Vetrano e Stefano Randisi una rappresentazione suggestiva e piena di echi presso il piccolo cimitero del paese.
L’imbeccata, il suggerimento, la battuta d’entrata – come suggerisce il nome inglese cue scelto dall’intraprendente ribalta digitale capitanata da Mattia Visani – diventa così la parola d’ordine per entrare nei magici meccanismi del teatro, per riflessione o alito poetico.
Un viaggio immateriale ed elettrizzante che sa farsi anche cicerone in territori diversi come con le guide teatrali in altre città, da Parigi a Tunisi, passando per Milano.
​Editoria elettronica ed elettrizzante per far comparire nel cassetto (dello schermo) quel libro sognato invano da troppo tempo.

Questo riconoscimento evidenzia l’importanza di mantenere viva la memoria del teatro attraverso strumenti innovativi e lungimiranti, confermando il ruolo di Cue come ponte tra tradizione e futuro, tra riflessione critica e accessibilità culturale.

Il Premio Nico Garrone celebra così un modello di editoria capace di reinventarsi e di continuare a dialogare con il mondo contemporaneo.