Il progetto esistenziale di Gian Maria Volonté, tra arte e impegno
Giuseppe Costigliola, «Globalist»
Un libro ricorda gli insegnamenti di un attore unico che seppe coniugare un’arte originale con l’impegno sociale e politico
Nel panorama del cinema italiano non sono numerosi gli attori che hanno interpretato il proprio ruolo sotto il segno di un impegno politico e sociale fattivo, fondendo professionalità assoluta ed etica, la persona pubblica a quella privata. Tra essi, per qualità e ampiezza di risultati, incisività e impronta nell’immaginario collettivo, spicca senz’altro Gian Maria Volonté.
Al grande artista milanese, alla poliedricità della sua opera e agli insegnamenti che ha lasciato è dedicato un imperdibile volume, Gian Maria Volonté: lo sguardo ribelle, curato dai critici cinematografici Franco Montini e Piero Spila, pubblicato da Cue Press, un piccolo ma agguerrito editore lodevolmente impegnato nel recupero della preziosa tradizione culturale e artistica italiana. Apparso nel 2004, in occasione del decennale della morte, lo si riaccoglie con grande interesse, poiché anche in prospettiva conserva per intero la sua rilevanza critica e informativa.
La qualità dei contributi raccolti è notevole, una ricchezza anche dovuta ai diversi mezzi comunicativi impiegati: l’oralità dell’intervista, la naturalezza del ricordo, l’andamento meditato e analitico del saggio critico. Nella prefazione Walter Veltroni sottolinea l’imprescindibilità della memoria, e nella lucida e densa introduzione i curatori sottolineano l’importanza della riflessione sull’originalità interpretativa di Volonté, sulla sua capacità di incidere nel tempo in cui visse ed agì. Fu un artista per il quale «essere uomo o attore non ha mai fatto alcuna differenza», che non sceglieva le parti per «calcolo o interesse professionale», sempre in prima linea nelle battaglie sociali e politiche intraprese con indomita passione, che viveva il proprio ruolo come «portatore di cultura», sposando mirabilmente virtuosismo tecnico e abilità istrioniche col fervore civile: un’esperienza che ha molto da insegnarci, soprattutto in un tempo in cui tali attitudini si sono alquanto rarefatte.
Non a caso, il titolo del libro allude significativamente a due azioni – guardare e ribellarsi – che rappresentano «la prima, la base stessa del cinema» (e del teatro, si potrebbe aggiungere), «la seconda, una scelta dichiaratamente politica». Legate insieme, spiegano i curatori, tali azioni sono in grado di definire, ma anche di aprire ad ulteriori sviluppi, il senso della vita e della carriera di un uomo «che non si è mai accontentato di guardare passivamente la realtà», un attore mai pago della superficie delle cose e delle verità precostituite, ma che «nei caratteri e nelle fisiologie», è stato capace di «approfondire i sentimenti anche più segreti, insistere a cercare verità anche quando sembrava inutile o non opportuno». Un artista, insomma, che ha coniugato il proprio mestiere con la denuncia di mali sociali e ingiustizie, ipocrite regole, equilibri imposti con la forza, che ha portato avanti con caparbia convinzione un lavoro denso di impegno civile mettendo in scena un’impressionante galleria di personaggi, diversissimi tra loro ma caratterizzati da uno sguardo problematico e mai consolatorio, sempre inchiodati al contesto delle proprie responsabilità. Dunque, una sorta di «altro italiano» rispetto alla galleria dei film di Alberto Sordi, con «un’inedita consapevolezza di intendere il mestiere dell’attore» e una mirabile capacità di contribuire al processo creativo.
Il volume si apre con una sezione dedicata ai ricordi di artisti che hanno lavorato con lui, tra cui Gianni Amelio, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Ugo Pirro, Francesco Rosi, i fratelli Taviani. Seguono tre parti dedicate agli approfondimenti critici, divise per le forme d’arte praticate da Volonté – cinema, teatro, televisione – con scritti di consolidati critici quali Maurizio Grande, Alberto Crespi, Mauro Sesti, Morando Morandini ed altri, di figure come Angelo Guglielmi e artisti come Giorgio Albertazzi, che nell’insieme compongono un pregevole quadro analitico, gravido di spunti di riflessione. Una sezione illumina fondamentali aspetti del vissuto privato (tra i contributi, c’è quello della figlia Giovanna Gravina), un’altra ricostruisce la biografia, con una concisa ma esaustiva panoramica delle attività e della sfera privata di uno dei più grandi attori italiani di sempre. Non poco suggestiva è la parte dedicata ai personaggi memorabili da lui creati e incarnati, con le battute e le scene madri dei film in cui compaiono, e di particolare interesse è quella che ne raccoglie interviste e interventi. Il libro è inoltre corredato di una filmografia, una teatrografia, l’elenco delle apparizioni in tv, nonché di una bibliografia essenziale. Si segnala infine l’apparato iconografico, con numerose e suggestive fotografie scattate sui set.
Ricordare Gian Maria Volonté a quasi trent’anni dalla scomparsa, tramandarne la vivida e feconda testimonianza nel rispetto del suo progetto esistenziale, stimolare riflessioni e approfondimenti non è una semplice operazione culturale. Nel rivitalizzarne la vita e il percorso artistico, lo spirito di ribellione, la pervicace resistenza all’omologazione, l’avvertita esigenza di porsi fuori dal coro, l’inesausta ricerca di una verità sempre rimossa, si stimola la curiosità delle nuove generazioni di critici e di artisti, si indica loro una via poco battuta: è dunque anche un modo di intervenire civicamente sulla realtà contemporanea.
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