Racconti del grande attore di Mirella Schino
Giovanni Graziano Manca, «Saltinaria»
Quel periodo della storia del teatro italiano denominato del ‘Grande Attore’ ha inizio con le rappresentazioni della Compagnia Reale Sarda all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1855. Le compagnie teatrali, in quella particolare temperie storica, erano solite appoggiarsi ad un attore di grande fama solitamente maschile, non necessariamente protagonista, per attrarre il proprio pubblico. Furono questi «interpreti di prima grandezza» a generare il teatro del Grande Attore.
Per i tipi di CUE (casa editrice italiana che si dedica alla produzione di libri che riguardano le arti e lo spettacolo) è uscito Racconti del grande attore della studiosa di Discipline dello spettacolo e docente presso l’Università di Roma Tre Mirella Schino. Un volume chiaro ma rigoroso nelle premesse e intrigante nel prosieguo che si avventura in una interessante analisi di quell’epoca del teatro italiano che ancora, forse, viene fraintesa, erroneamente interpretata. Schino scrive:
Per decenni, il teatro ottocentesco è stato guardato con gli occhi del teatro dominante, quello del Novecento. È stato giudicato sulla base di criteri, di sistemi di produzione, di valori che non gli erano propri. È stata persino dimenticata una verità evidente: che i capolavori teatrali della seconda metà dell’Ottocento, sono stati assai più spesso quelli creati dagli attori che non quelli degli scrittori.
Obiettivo del volume, dunque, entrare all’interno di questo sistema artistico per cercare di comprenderne a fondo le linee di trasmissione dell’esperienza, i meccanismi organizzativi profondi dello spettacolo, l’unità di misura di questo tipo di teatro «che nell’Ottocento non coincide con il singolo spettacolo, ma con insiemi più ampi, come il repertorio, il ruolo, o persino, nel caso di attori d’eccezione, la biografia artistica». Quello del Grande Attore, peraltro, si presenta come un fenomeno tipicamente italiano, nonostante all’interno di questa corrente vengano accolti numerosi nomi stranieri. Ed eccole, le celebrità che hanno incarnato l’essenza del teatro ottocentesco: August Iffland, Edmund Kean, Francoise-Joseph Talma, e poi Gustavo Modena, Rachel, Antonio Petito, Tommaso Salvini, Adelaide Ristori, Ernesto Rossi, Sarah Bernhardt, Henry Irving, Ellen Terry, Ermete Zacconi, Giovanni Grasso, Angelo Musco, Eleonora Duse.
Il libro di Mirella Schino prende le mosse dall’opera di tre studiosi italiani che del fenomeno oggetto del libro sono stati anche testimoni: Silvio D’Amico (1887-1955, critico e teorico del teatro italiano), Mario Apollonio (1901-1971, storico del teatro) e Vito Pandolfi (1917-1974, critico e regista italiano).
Nelle pagine successive, una serie di racconti e testimonianze che suggeriscono la misura esatta del fenomeno fornendo anche la cornice entro cui vanno inquadrati i vari protagonisti del teatro del Grande Attore: Rachel e la sua interpretazione della Fedra di Racine nel racconto di Charlotte Bronte, testimonianze di Colette, della stessa Eleonora Duse, dell’attore e regista Konstantin Stanislavskij. Ulteriori capitoli riguardano Tommaso Salvini e il suo rapporto con il personaggio shakespeariano di Otello, Henry Irving raccontato da Gordon Craig (1872-1966, regista teatrale e teorico della regia), Sarah Bernhardt, grande interprete di ruoli maschili e, ancora, Eleonora Duse.
Illuminante e avvincente, la lettura di questo volume che non può mancare nella biblioteca di ogni amante del teatro