Pensieri dal set di Kore’eda Hirokazu. A cura di Francesco Vitucci
Claudia Bertolé, «Sonatine.it»
«Non amo parlare delle mie opere e non credo nemmeno di essere particolarmente abile nel farlo. Sebbene abbia creduto invano di poter sfuggire all’invito, alla fine mi sono trovato giocoforza a pubblicare questo volume. Non che sia mia intenzione lamentarmi, anzi, sono molto grato per l’occasione che mi è stata offerta».
Così esordisce Kore’eda Hirokazu nella Pseudo-prefazione, quasi postfazione di questa interessante opera, pubblicata la prima volta in Giappone nel 2016, ora tradotta dal giapponese in italiano da Francesco Vitucci e edita da Cue Press nella collana «Le Teorie». Pensieri dal set si rivela una lettura preziosa perché, nonostante la prudente affermazione d’apertura, nel libro il regista si «svela», raccontando, come egli stesso puntualizza, la regia delle opere dall’interno, e cogliendo allo stesso tempo l’occasione per parlare di cinema contemporaneo.
Kore’eda è un autore che oramai non ha quasi bisogno di presentazioni. I suoi film sono spesso stati inseriti nei programmi di festival cinematografici internazionali di rilievo, ricevendo premi prestigiosi: è il caso, per citarne alcuni, di Father and Son (2013), premio della Giuria al Festival del cinema di Cannes, oppure di Un affare di famiglia, Palma d’Oro al Festival del cinema di Cannes 2018. Anche la distribuzione delle sue opere nelle sale italiane, a partire da Father and Son, fino a Le buone stelle – Broker del 2022, e l’organizzazione di rassegne, hanno contribuito a rendere la sua opera familiare anche alle platee italiane.
Il cineasta, che in Pensieri dal set non manca di sottolineare quanto la televisione sia profondamente impressa nel suo DNA di regista, fin dagli esordi nel mondo del documentario televisivo (ricordiamo ad esempio Lessons from a Calf o However… del 1991), quando ha rivolto la propria attenzione al tema della memoria, all’elaborazione del lutto, alle relazioni familiari anche non convenzionali. Il libro è una sorta di diario autobiografico che raccoglie i ricordi e le osservazioni del regista, da quei primi documentari ai film successivi, con una scansione per periodi: da un primo sguardo alle opere d’esordio, Maborosi e After Life (1995-98), passando dal «periodo giovanile e le sue frustrazioni» (1989-91), fino al «convivere con l’assenza» (2004-09) e agli anni più recenti (2011-16). L’autore offre il proprio punto di vista, ripercorre i momenti antecedenti alle riprese di un film, si sofferma su aspetti anche tecnici dell’arte cinematografica, o sulla direzione degli attori.
Non mancano considerazioni più generali sulle dinamiche dei festival internazionali, sulla regia televisiva e sulle prospettive future del cinema giapponese. Completano la pubblicazione le puntuali note del curatore, nonché appunti e stralci da storyboard originali di alcune sequenze. Un’opera di stimolante approfondimento del pensiero di un regista che, nel corso della carriera, non ha mancato in ogni suo film di proporre riflessioni acute sulle relazioni umane e sul contesto sociale nel quale si esprimono.
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