Memorie ad alta voce di un italiano geniale
Antonio Audino, «La Domenica – Il Sole 24 Ore»
Nato cento anni fa, fu erede dei mattatori ottocenteschi e cercò sempre di confrontarsi con il teatro di Visconti e Ronconi. Fu egli stesso regista sperimentando con tutti i mezzi, dal cinema alla tivù, alla radio
Un destino può annidarsi anche nelle pieghe più recondite dei vocaboli e delle terminologie scritte che ci riguardano. Così, l’attore da sempre conosciuto come Vittorio Gassman decide di eliminare nel 1934 la seconda enne finale del suo cognome originale, di radice ebraica, anche per volere della madre, avvertendo la minaccia incombente delle persecuzioni nazifasciste.
Forse per questo colui che appare senza dubbio come una delle figure più rilevanti dell’arte scenica e cinematografica del Novecento italiano, e di cui ricorre il primo settembre il centenario della nascita, è stato sempre attento alle forme e alle costruzioni linguistiche e verbali. Basta aprire la sua autobiografia Un grande avvenire dietro le spalle, ripubblicata da Cue Press, per trovare un sorprendente incipit:
«Leggete, se ne avete voglia, soprattutto la punteggiatura: virgole, punti e virgola, punti, trattini, parentesi e anche puntini di sospensione… penso a volte di non poter più scrivere parole, solo i segni che ritmano e disturbano le parole.»
Ma, come indica acutamente Emanuele Trevi nell’introduzione al volume, questo suggerimento ci serve a capire quanto, attraverso la scrittura, Gassman segua l’andamento della sua voce «affidando al lettore la possibilità di riprodurla mentalmente a suo modo» grazie proprio alle interconnessioni sintattiche.
D’accordo allora, da lettore è divertente stare al gioco, ma possiamo anche dotarci di altri strumenti. È sempre la stessa casa editrice a consentirci di rimbalzare tra varie angolature di osservazione. E quindi, a quella prima intenzione autobiografica del 1981, si può accostare il secondo tentativo di Gassman di fermare su carta le sue memorie personali, mimetizzandole in una stesura romanzata, in Memorie del sottoscala del 1990, in cui il protagonista ha un altro nome rispetto all’autore, seppur con la stessa iniziale.
Qui leggiamo: «Sulla nascita e sul primo incedere di Vincenzo nel mondo gravarono forti influenze grammaticali e numeriche… a cominciare dal suo battesimo, durante il quale fu consumata una vera e propria sagra di alchimia retorica».
Vale davvero la pena di riprendere questi due momenti in cui l’autore si dedica alla scrittura e ne riscopre il vivacissimo gusto letterario, l’infinita sapienza compositiva, sempre sottilmente ironica, e costantemente, appunto, ad alta voce.
Si resta forse un po’ delusi scoprendo quanto la narrazione si concentri soprattutto sulle complesse vicende matrimoniali, sentimentali e amorose da lui vissute, come a volerne fornire una versione definitiva rispetto ai clamori delle cronache dell’epoca, concedendo per questa ragione molto meno spazio al percorso artistico, aspetto che oggi ci interessa molto di più. Risulta però evidente come tutta la sua vita privata e professionale si delinei, non solo sul piano linguistico tra gusto per la forma e continui slittamenti.
È lui l’erede dei grandi mattatori ottocenteschi, non c’è dubbio, ed è ben cosciente di questa linea di discendenza, ma cerca sempre avventure che lo portino in altri territori, confrontandosi giovanissimo con il nuovo universo del teatro di regia, da Visconti a Squarzina e a Ronconi, divenendo regista egli stesso, mettendo in piedi coraggiose iniziative come quel Teatro Popolare Italiano, con un’Adelchi manzoniana da incassi record, poi con la poderosa Orestiade tradotta da Pasolini a Siracusa. E se vogliamo pensare al cinema è singolare come accetti l’intuizione geniale di Monicelli, capace di trasformarlo da divo aitante e narciso in un ex pugile sfigurato ed ottuso, oltreché balbuziente in I soliti ignoti del 1958; mentre sarà poi Risi con Il sorpasso del 1962, film di culto di ogni Ferragosto, a ridargli la faccia che aveva, da italiano un po’ spaccone. Ma ancora due volumi ci aiutano a definire meglio un profilo così complesso. Il primo realizzato da Arianna Frattali, intitolato Vittorio Gassman attore multimediale mette a fuoco quanto l’interprete abbia affrontato in modo nuovo le possibilità offerte dal panorama in piena evoluzione negli anni della sua carriera, della TV e del cinema. Il secondo, di prossima uscita, è una lunga, attenta e preziosa intervista di Rita Cirio, in cui il divino e popolare Vittorio accetta di ripercorrere con puntualità e sincerità tutto il suo percorso artistico e di vita.