Il problema delle origini, tra miti greci e miti orientali
Andrea Bisicchia, «Libertà Sicilia»
Dalla poetica aristotelica, alla poetica indiana del natyasastra
Il primo libro che lessi di Antonio Attisani fu Teatro come differenza, edito da Feltrinelli nel 1968, contemporaneo del mio Teatro a Milano 1968-78. Il Pier Lombardo e altri spazi alternativi, edito da Mursia. Entrambi cercavamo un teatro che si differenziasse da quello istituzionale, diventato, malgrado tutto, un teatro che ammiccava ad operazioni di tipo commerciale, avendo esaurito la grande stagione creativa degli anni Sessanta-Settanta. A ridosso di quei due libri, c’era stata la rivoluzione sessantottesca e il successo, anche in Italia, delle teorie di Artaud e del suo teatro e corpo glorioso, secondo la definizione di Artioli, ma c’erano stati anche gli spettacoli del Living, Grotowski, Barba, da intendere, non come forme rappresentative, ma come forme della coscienza, o meglio ancora, come religio priva, però, di ogni consolazione metafisica. Attisani, in quel particolare momento, era interessato al teatro di tipo sociale, oltre che politico e a una diversa concezione dell’attore, in particolar modo, di quello popolare, incarnato da Dario Fo, e dell’attore santo a cui era pervenuto Grotowski. lo andavo in cerca dell’uso diverso degli spazi scenici che popolavano le periferie milanesi, dove si muovevano i nuovi gruppi italiani che, ciascuno a suo modo, cercava di differenziarsi dal teatro ufficiale.
A dire il vero, in quegli anni, c’era stata una grande richiesta di teatro da parte di una nuova generazione, tanto che Attisani la invitava a fare delle domande al teatro e a cosa bisognava chiedergli, esortandoli, nel frattempo, a conoscere un altro teatro che andasse: Oltre la scena occidentale, titolo di un suo libro molto importante, dove indicava cosa potesse essere ancora recuperato di quel teatro, per metterlo a confronto con quanto accadeva sulle scene orientali, tanto che i suoi corsi all’università di Venezia, alla fine del secondo millennio, erano incentrati, proprio, su questo rapporto, oltre che sul teatro performativo che vantava, in Francesco D’Assisi, il primo performer, antesignano di Carmelo Bene, ovvero degli attori-autori, da considerare attori pensanti, più che recitanti, ben diversi dall’attore impegnato politicamente, come Dario Fo, oppure spiritualmente, come l’attore santo di Grotowski. Nel volume: L’invenzione del teatro. Fenomenologia e attori della ricerca, edito da Cue Press, Attisani ha portato avanti il suo lavoro, sia in chiave teorica che pratica, approfondendo la sua metodologia e il suo modo di rapportarsi con le origini, in rapporto con la modernità. Il volume è diviso in sette capitoli, benché, il referente, sia sempre il teatro delle origini, quello della semplicità e della purezza, affidate al rito, non solo occidentale, ma anche orientale. Nel frattempo, Attisani si era documentato sul Teatro tibetano e indiano, in particolare, sul loro uso del corpo e dei tempi scenici. In questa sua ricerca delle Origini, non poteva mancare il rapporto antitetico tra l’attore e lo sciamano, tra la tragedia attica, con i suoi cori e le sue danze, e le danze nel teatro tibetano, utilizzando una bibliografia ad hoc, in particolare, L’Ur-drama di E. T. Kirby, gli studi del danese Egill Rostrupp e quelli di Ferruccio Marotti, continuati da Bavarese. In tutti i citati, c’era l’urgenza di liberare il teatro dallo spettacolo e di ridurlo alla sua vera essenza, magari a scapito della sua componente narrativa che era rivolta a livelli di realtà ben diversi da quelli percepiti durante la vita quotidiana. Per costoro, un teatro asservito o ridotto a racconto, è un teatro degradato, essendo, il lavoro del teatro, di tipo concettuale, capace di coinvolgere il corpo-mente e il corpo-vita.
La scoperta di Tanguy e del teatro di La Fonderie di Le Mans, permette, ad Attisani, di confrontarsi con un altro Maestro che teorizzava il Teatro della soglia, da intendere come momento ‘inafferrabile’, essendo, la soglia un vero e propio enigma e che, come tale, è più importante di qualsiasi risposta, essendo «il momento in cui si condensano il più gran numero di forze, di tensioni». Credo che, a livello scenico, sia stato Maeterlinck a realizzare il teatro della soglia. Molti sono i materiali che Attisani propone, grazie ai quali, è possibile creare nuove soglie di percezione e di partecipazione.
I libri
I libri menzionati nell’articolo corrente