Home
Logbook
È nei Quaderni di regia l’origine del suo stile unico
22 Luglio 2022

È nei Quaderni di regia l’origine del suo stile unico

Andrea Bisicchia, «Il Giornale»

Sguardo inedito sui capolavori. Pubblicati i testi con note e correzioni di Aspettando Godot e Finale di partita.

C’erano, una volta, le «Note di regia», che generalmente accompagnavano i «Quaderni di Sala» di uno spettacolo e che cercavano di spiegare quanto accadesse sul palcoscenico, ben diversi dai «Quaderni di regia» che riguardano il lavoro sul testo, con tutti i possibili ripensamenti, riscritture, cancellazioni e revisioni da parte degli autori. In questi casi, per dare ordine a quella che dovrebbe essere l’edizione princeps, occorre un lavoro specifico che appartiene solo al filologo, il cui compito consiste nel restituire il modello originario.

L’editore Cue Press ha appena pubblicato, in due volumi separati, curati di Luca Scarlini, i Quaderni di regia di Aspettando Godot e Finale di partita, con tutte le correzioni fatte da Samuel Beckett, in gran parte autografe, a dimostrazione di come la storia di un testo teatrale non sia altro che la storia delle sue interpretazioni, non solo critiche, ma anche testuali. Tanto che quella che potrebbe sembrare l’ultima stesura è, in fondo, una versione diversa dalla precedente. Grazie a queste pubblicazioni, i giovani registi che intendano portare in scena i due capolavori, potranno usufruire di un vero e proprio laboratorio, fatto di molteplici varianti, di approfondimenti, di nuove versioni delle battute, di tagli, di piccole modifiche e persino di annotazioni sui movimenti, sulle luci, sulle didascalie, per pervenire a quella che dovrebbe essere la fase finale del processo creativo.

Beckett aveva capito – come a suo tempo aveva capito Luigi Pirandello – che allestire un testo è diverso che scriverlo, perché, oltre che alla parola, bisogna stare attenti ai movimenti, al passaggio da una scena all’altra, a evidenziare il contrasto tra parole e gesti, a creare simmetrie e opposizioni, tutti elementi che appartengono al linguaggio della scena.

A guardare i testi, così come ci vengono proposti, con le edizioni critiche di James Knowlson e Dougald McMillan, per quanto riguarda Aspettando Godot, e di Stanley E. Gontarski per quanto riguarda Finale di partita, appaiono evidenti le scelte registiche di Beckett, che alternano l’elemento clownesco con quello filosofico, la comicità umoristica con la tragicità che sta dietro di essa. Attraverso il filtro della regia, Beckett era riuscito a dare nuova vita ai suoi testi, tanto che il pubblico di Berlino, dove erano andati in scena nel 1975, allo Schiller Theater, rimase impressionato dalla profondità della messinscena, avendo assistito a una regia intesa non certo in senso tradizionale. Negli anni Ottanta, su richiesta del San Quentin Drama Workshop, Beckett curò una nuova regia, con altre annotazioni, presenti nei due volumi: i milanesi poterono vedere lo spettacolo, nel 1984, al Teatro Pier Lombardo, oggi Franco Parenti, e partecipare, numerosissimi, a un rito insolito, perché si respirava una grande emozione.

Finale di Partita, il testo più filosofico, fu maggiormente suscettibile di cambiamenti, di ripensamenti, data l’universalità dei temi trattati, come il dolore, la solitudine, l’emarginazione, la cecità come metafora, il rapporto tra finito e infinito, tra vita e morte, a dimostrazione di come ogni messinscena risenta delle tante circostanze variabili che rendono sempre differente l’interpretazione di un testo.