Il libro
Nei testi di Igor Esposito, come scrive Matteo Palumbo, si invera un’idea di teatro civile e morale. In questa raccolta, in cui si alternano raffinati registri linguistici e mirabili invenzioni drammaturgiche, quale sia l’ambientazione (dall’antica Grecia al medioevo epico-cavalleresco), si mettono in realtà in scena il mondo contemporaneo e i suoi mostri, una sostanza dolorosa, violenta, cupa dell’esistenza, che viene esasperata fino al punto in cui i conflitti esplodono e sopravvivono le macerie di un mondo empio e malato. Come segnala la critica Sara Chiappori su «la Repubblica», leggendo i testi di Esposito siamo di fronte a «una lingua teatrale formidabile, scolpita nella materia poetica di un dire che ha l’immediatezza del linguaggio parlato senza naturalismi spiccioli. Una lingua in ebollizione, precisa, immaginifica, modulata su ogni personaggio come una veste mitica declinata al contemporaneo».
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