Le teorie teatrali: un campo minato, se i vari approcci diventano troppi. Solo lo spettatore è il vero personaggio
Andrea Bisicchia, «lo Spettacoliere»
Nel 1988, l’Editore Zanichelli pubblicò di Patrice Pavis Dizionario del teatro, a cura di Paolo Bosisio, con cui l’autore cercava di dare delle risposte non solo a chi lavorava in ambito teatrale, ma anche al frequentatore di teatro. Si distingueva da altri dizionari per una qualità scientifica del materiale trattato che si estendeva, in particolare, dal campo della semiotica a quello della linguistica, dei fondamenti teorici e della drammaturgia, non bisognava, pertanto, lasciarsi ingannare dall’ordine alfabetico, dato che ogni lemma conteneva un apparato specifico di ricerca.
L’indice tematico era stato diviso in otto categorie, così distribuite: Drammaturgia, Il testo e il discorso, L’attore e il personaggio, I generi e le forme, Le messinscene, I principi strutturali e Le questioni estetiche, La ricezione dello spettacolo.
Come si può capire, si trattava di un enorme materiale che adesso ritorna, in forma saggistica, nel volume, pubblicato da Cue Press, L’analisi degli spettacoli. Teatro, Mimo, Danza, Teatro-Danza, Cinema, a cura di Dario Buzzolan e Roberta Cortese.
Pavis è stato Professore del Dipartimento di Studi Teatrali dell’Università di Parigi, oltre che un assiduo frequentatore come spettatore dei teatri parigini, non per nulla, in questa nuova rielaborazione delle sue ricerche, lo spettatore diventa un vero e proprio personaggio.
Il volume è diviso in tre parti: Le condizioni dell’analisi, Le componenti della scena, Le condizioni della ricezione, all’interno delle quali egli sviluppa non solo concetti, ma anche categorie come spazio-tempo-azione, oltre che una attenta analisi dei materiali della rappresentazione, visti in un continuo rapporto tra testo e messinscena, ai quali fa seguire gli ‘approcci’ agli spettacoli che possono essere di tipo psicologico, psicoanalitico, sociologico, antropologico, senza mai dimenticare il punto di vista dello spettatore, a cui pone una domanda: «A che cosa era dovuta la letterarietà di un testo, nel passato?», a cui fa seguire la risposta: «Alla assenza della pratica scenica», quella che conoscevano i Comici dell’Arte, Shakespeare, Moliere, Goldoni e, in tempi più recenti, perché diventati Direttori di Teatro: Strindberg (Intima Teater), Pirandello (Teatro d’Arte), Eduardo (Teatro San Ferdinando), Dario Fo (Teatro La Comune).
C’è da dire che la pratica scenica, nel terzo millennio, si è arricchita con nuovi metodi esplorativi, tanto che si sono moltiplicate le teorizzazioni, in particolare quelle che ‘teorizzano il nulla’, ovvero spettacoli che hanno poco a che fare col teatro, così come si sono moltiplicate le metodologie d’approccio al linguaggio della scena. Non dobbiamo, nel frattempo, dimenticare che le teorie teatrali siano un campo minato, perché sottoposte a molteplici discipline, da quella semiologica che, a suo tempo, fece anche dei danni, avendo ridotto tutto alla interpretazione, tanto che fu sostituita da altri approcci che facevano capo alle scienze sociologiche o psicologiche che contribuirono alla conquista di risultati di vario genere.
Patrice Pavis sostiene che ogni componente dello spettacolo andrebbe esaminata in sé, per capire meglio come avvenga la trasmissione col corpo dell’attore, con i suoi flussi pulsionali, con le sue espressioni fisiche, con le sue intensità percettive. Per Pavis, la messinscena è, in fondo, un metatesto che contiene, nel suo interno, un insieme di sistemi con i quali organizza materiali diversi, magari per raggiungere risultati unitari, In tal modo, la scena si assoggetta a contesti variabili, a molteplici codici interpretativi, proprio perché si allea con le altre discipline.
A questo punto, ne risente il pensiero critico che, se in un primo momento aveva accettato, come metodologia d’approccio, la semiologia, in un secondo momento, con l’affermazione del post-moderno, decise di sperimentare altre categorie a vantaggio della materialità del teatro. A tal proposito, Pavis estese un questionario che riguardava le caratteristiche della messinscena, la strutturazione dello spazio, gli effetti della ricezione, il rapporto testo-corpo, le caratteristiche delle traduzioni, degli adattamenti, delle riscritture, infine, il ruolo dello spettatore.
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