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Grotowski e il suo «teatro povero», definito anche crudele, perchè sapeva di monastero. Eppure entrò nella leggenda
15 Gennaio 2024

Grotowski e il suo «teatro povero», definito anche crudele, perchè sapeva di monastero. Eppure entrò nella leggenda

Andrea Bisicchia, «lo Spettacoliere»

Tra il 1965 e il 1975, il teatro internazionale ha vissuto e ha fatto vivere uno dei momenti più straordinari e irripetibili. Parecchi di noi ricordano ancora, avendoci fatto provare delle emozioni, fino alla commozione, Il Principe Costante di Grotowski, I giganti della montagna di Strehler, Orlando furioso di Ronconi, La Trilogia Testoriana di Andrée Ruth Shammah, La classe morta di Kantor.

Su Grotowski esiste, in Italia, una vasta letteratura, anche se il libro, al quale abbiamo attinto, per conoscere il maestro polacco, è stato Per un teatro povero, edito da Bulzoni nel 1970, con la prefazione di Peter Brook, che gli riconosceva di avere apportato all’arte della recitazione qualcosa che sapeva di monastero, ovvero di dedizione assoluta, e, in un certo senso, anche un po’ crudele, come aveva sentenziato Artaud. Entrambi, in fondo, erano convinti che il teatro non fosse solo un modo di vivere, ma anche per vivere. Dalla crudeltà alla povertà il tragitto era breve perché, essere poveri, è la cosa più crudele che possa esistere, solo che l’uso dei due termini, nel loro teatro, aveva un valore diverso, essendo attribuito alla recitazione che, se ben realizzata, contiene qualcosa di crudele che, a sua volta, può avere a che fare con la povertà, da intendere come fuga dagli effetti, da ogni forma di ibridismo e di superfluo.

L’editore Cue Press ha appena pubblicato il libro che ritengo fondamentale per conoscere il pianeta Grotowski, poiché contiene l’analisi di tutti i testi realizzati prima del Principe Costante, messi in scena al Teatro delle 13 file di Oslo, che diventerà il Teatro Laboratorio, detto così per il numero delle file che conteneva, si tratta di Il teatro di Jerzy Grotowski. Le rappresentazioni al Teatro delle 13 File, di Dariusz Kosinski e Wanda Swiatkowska, due docenti universitari che hanno potuto avere accesso a documenti primari, ovvero copioni, recensioni, commenti, discussioni, varianti, materiale fotografico, oltre che video, che hanno dato la possibilità, ai due studiosi, di scrivere dei saggi che, se letti attentamente, aiutano a tirar fuori Grotowski dalla leggenda in cui era stato confinato.

I titoli degli spettacoli esaminati, che vanno dal 1959 al 1968, erano noti anche a noi, non certo le ricostruzioni fatte dai due autori che, oggi, ci permettono di capire meglio il metodo di lavoro del regista che ha qualcosa di soprannaturale, anche se i modelli da cui è nato, secondo le sue stesse affermazioni, sono da ricercare in Stanislavskij, Dullin, Mejerchol’d, dai quali si allontana per una sua virata verso la performance e l’attività laboratoriale, durante la quale permette alla drammatizzazione di diventare un momento organizzativo in funzione del rapporto attore-spettatore, considerato, fin dagli esordi, l’elemento che contraddistinse il lavoro di Grotowski, che attribuì, allo spettatore, lo status di attore, oltre che di invitato, come a un ricevimento o a una cena.

Gli spettacoli presi in esame sono: Orfeo di Cocteau, Caino di Byron, Mistero Buffo di Majakovskij, Sakuntala secondo Kalidasa, Gli Avi di Adam Mickiewicz, Kordian di Slowacki, Akropolis di Wyspianski, La tragica istoria del Dottor Faust di Marlowe, Gli Amleti di Grotowski. La profondità dei saggi permette al lettore di entrare nel laboratorio del regista, di conoscerne le origini, di capire in che modo rivoluzionò l’arte delle recitazione, partendo dalla convinzione che l’attore potesse realizzarsi meglio nel paradigma performativo, dentro il quale, poteva trovare se stesso e prepararsi, grazie all’esercizio del training e della ricerca della propria interiorità, all’incontro col personaggio, con l’utilizzo ulteriore di una Liturgia Ateologica, i cui antenati sono da ricercare nei miti del passato e nei comportamenti pre-espressivi che stavano a base del teatro delle origini, persino quello delle aree tribali con le loro tradizioni collettive. Tutto questo sta a base di quella antropologia teatrale che sarà teorizzata dal suo allievo Eugenio Barba.

Collegamenti

Dariusz Kosiński, Wanda Świątkowska,
Il teatro sconosciuto di Jerzy Grotowski

Carta : 35,99