Al limite del teatro
Utopie, progetti e aporie nella ricerca teatrale degli anni Sessanta e Settanta
Altri Contributi di Moni Ovadia
Collana I saggi
Lingua Italiano
Il libro
Questo libro, riproposto a distanza di oltre trent’anni dalla sua prima edizione (1983), racconta di un teatro che non c’è più e che tuttavia non smette di riguardarci da vicino e di interrogarci ancora oggi.
Riferendosi a eventi e tematiche teatrali che vanno, all’incirca, dal 1968 al 1977 (tanto per scegliere due date tutt’altro che casuali), è un libro di storia, che parla di fatti storici.
O meglio, si tratta di una cronaca, di una raccolta di mémoires pour servir alla storia del teatro di ricerca e sperimentazione nel secondo dopoguerra.
In particolare, è tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta che il Nuovo Teatro gioca con utopico fervore tutte le sue carte (ritrovandosele, spesso, bruciate in mano o trasformate in vuote parole d’ordine): ricerca collettiva, laboratorio, decentramento, teatro politico, partecipazione, lavoro di base, animazione, festa.
In questi saggi – scritti in un arco di tempo che va dal 1973 al 1982 – l’attenzione di De Marinis si rivolge appunto, fra l’altro, alle esperienze più avanzate (più ‘al limite’) e significative al riguardo (quelle di Grotowski e del suo Teatr Laboratorium, dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, di Giuliano Scabia – cui è dedicato un intero capitolo –, di Peter Brook, del Living Theatre, del Movimento del Settantasette e altre ancora), con lo scopo di restituire ‘a caldo’ alcuni momenti e di discuterne criticamente presupposti e implicazioni, precedenti e risonanze.
Ricordando con rabbia, costringendoci (al di là di ogni facile atteggiamento liquidatorio ma anche al di fuori di qualsiasi intento agiografico o, peggio, furbescamente revivalistico) a rifare i conti con questi ormai lontani «dieci anni che (non) hanno cambiato il teatro».
«Per non ripetere il passato, e i suoi errori, bisogna conoscerlo», questo si dice di solito per giustificare gli studi storici.
E ciò dovrebbe essere vero a maggior ragione per un periodo tumultuoso e controverso, ma indiscutibilmente creativo anche e soprattutto in teatro, come gli anni Sessanta-Settanta, di cui questo libro ci parla con appassionata ma non arbitraria tendenziosità.
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